Genova per Guccini è un ricordo che non sbiadisce perché all'ombra della Lanterna ha conosciuto il mare e qui tornerà, come sempre volentieri, domani sera per raccogliere e tramettere emozioni nel concerto al Madzapalace.
«Genova per me è la stata la prima grande città che ho visto nella vita» racconta Francesco Guccini «avevo solo 12 anni, quando sono venuto in gita a Genova ed è qui per la prima volta che ho visto il mare».
Un'emozione indimenticabile?
«No, mi ha emozionato ma non colpito come credevo. È stato bello, semplicemente bello»
Genova, in seguito è diventata un meta frequente per la famiglia Guccini?
«Si veniva a Genova per trovare una prozia e si stava in casa sua, ricordo che abitava abitava in Piazza Umberto I; e la sfido a trovare questa piazza ed a indovinare oggi come si chiama».
La resa è incondizionata. Di quale piazza si tratta?
«Piazza Matteotti». E se la ride soddisfatto
«Ricordo pure che d'estate si andava a Borzoli».
Lei ha un forte legame con i ricordi della sua vita e profondi radici con la sua terra? Ogni riferimento a Pavana, paese in cui vive, non è puramente casuale.
«Certo, ho scelto di andar via da Bologna e trasferirmi a Pavana, che si pronuncia con l'accento sulla prima "a" (doverosa correzione sulla inesatta pronuncia) perchè è una terra che amo, rispetto e sento ancora viva. Pensi che è da tanti anni che non scrivo più poesie, e proprio l'altro ieri ne ho scritta una in dialetto pavarese per rispondere ad un mio amico che mi aveva scritto in modenese».
Si racconta di incursioni di fans che bussano alla porta di casa sua a Pavana.
«È vero, alcuni fans passano e si fermano a trovarmi, soprattutto d'estate. È un piacere fare due chiacchere con loro, il mio rapporto con i miei estimatori è normale e genuino».
In molti, fans compresi e non, si chiedono come nasce una canzone di Francesco Guccini?
«Da tante occasioni, da un'idea che passa per testa, da un mito antico che vuole ritornare, da fatti veri. Ho cominciato a suonare e a scrivere canzoni alla fine degli anni cinquanta, a metà degli anni '60 è uscito il mio primo LP., che conteneva , ad esempio, un brano ispirato da un tragico fatto reale, la morte di un amica in un incidente; così è nata "Canzone per un'amica"».
Nascono prima le parole e poi la musica?
«No, nascono assieme, l'idea nasce nella mia testa, prendono forma le parole che sento già musicate, prendono vita parrallelamente. Mi pace definirmi appartenente alla famiglia dei cantastorie dai quali ho ereditato una tecnica nella costruzione dei versi delle mie canzoni».
A lungo è stato considerato il cantautore politicizzato per eccellenza?
«Questo è una specie di equivoco alla creazione del quale hanno contribuito in modo determinante eventi storici che facevano sì che ogni affermazione venisse interpretata alla lettera, con l'occhio di quei tempi. Politico è il mio modo di raccontare le cose, quasi mai, avulse da una realtà che dal particolare può anche arrivare all'universale. Il mio modo di narrare è strettamente legato ad una forma dubitativa espressa attraverso una velata ironia che è una delle caratteristiche presenti nei miei brani. Il "ma", il "forse", l'"oppure" cui ricorro spesso nelle mie canzoni servono a stemperare le mie affermazioni, che, più che tali, sono invece pensieri suscettibili di diverse interpretazioni».
E il futuro come lo vede?
«Sul futuro sono perplesso, la tecnologia sta stravolgendo la vita; forse la penso così per ragioni anagrafiche o forse perché non la so usare. Le città cambiano aspetto, si trasformano ma in negativo, il numero delle auto in circolazione è lievitato, e pure l'inquinamento. Pensi che io non ho neppure la patente e neppure il cellulare».
Deluso dalla tecnologia e dall'innovazione?
«La mia grande delusione tecnologica, è nel mondo della discografia, ed è il cd, prodotto già superato.
Anche per "Anfiteatro Live", il suo primo dvd e l'unico album live e per "The Platinum Collection?
«Certo, io sono sono un sentimentale cronico legato al vinile».
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