(...) Gallanti-Capocaccia a Palazzo San Giorgio, di Marta Vincenzi che sponsorizzava la Commissione porto, del traffico contenitori in crescita costante, del ritorno in forza dei grandi dello shipping a scalare le banchine, della pace raggiunta fra imprese e fornitore di manodopera... - pareva, dunque, che il disegno anni 90-94 di Rinaldo Magnani al vertice del Cap e di Filippo Schiaffino alla consolle di regia trovasse compimento concreto.
«Il porto dei record» scrivevano, a più riprese, i giornali. A ragione. Il Psa di Singapore - altro che grande dello shipping, un gigante! - metteva su casa a Voltri-Vte, i cinesi cominciavano a farci un pensierino, e Contship, creata da un certo Angelo Ravano che si era inventato, scusate se è poco, La Spezia Container Terminal e Gioia Tauro, progettava un qualche ritorno su quelle banchine tornate a formicolare di gente, di merce, di voglia di lavorare. Nel frattempo, si gettavano le basi, e anche qualcosa di più, per un restyling architettonico e funzionale degli spazi a mare, anche in previsione della crescita - un autentico boom - del traffico croceristico e dei traghetti. Non basta: nelleuforia contagiosa, si dava ormai per scontato il tunnel subacqueo dalla Fiera a San Benigno, e la riconquista della supremazia sugli altri porti del Mediterraneo. Infine, la ciliegina sulla torta: lAffresco di Renzo Piano, il nuovo water front, passeggiate e palmizi, via il petrolio e il petrolchimico, in compenso container al posto dellaeroporto e aeroporto «galleggiante» sullacqua salata. Il tutto coordinato con autostrade del mare, Terzo Valico, nodo autostradale, gronda di levante e di ponente, riqualificazione urbana: cinque minuti per entrare e uscire dalla città, pochi camion, tanti treni, aria pulita, tutti contenti. «Ma quale Barcellona, Valencia e Marsiglia? È qui la Mecca dei traffici».
La gente ci credeva, qualcun altro, al timone, magari un po meno. Mica sono passati secoli. Eppure, lo scenario è completamente cambiato. Ci dicono che «non è vero». E la battaglia di questi giorni, a colpi di conferenze e comunicati stampa allarsenico, fra il Gruppo Messina e lAutorità portuale è la prova lampante e clamorosa che si sta tornando a remare controcorrente. Prova lampante e clamorosa, ma purtroppo anche non unica: se fosse un test, dovremmo tornare sulle promesse appena elencate e fare una verifica di quello che è stato fatto effettivamente. Poi, su queste stesse pagine, leggiamo, accidenti!, quello che ha visto Massimiliano Lussana a Valencia, e tanto basta per entrare in depressione. «Però il porto è ancora quello». Sì: quello delle liti, dei veleni, dei veti incrociati, dei ricorsi e delle aule dei tribunali.
Eppure, riconosciamolo, gli attori protagonisti della «sceneggiata» non sono guitti: la famiglia Messina è tornata a Genova da La Spezia, ha portato traffici, ha investito del suo, ha dimostrato di credere nel porto della Lanterna e nella città, anche laltro giorno ha ribadito che non ci pensa neanche a disimpegnarsi; Giovanni Novi, nuovo Doge di Palazzo San Giorgio, ha capacità ed esperienza internazionale riconosciute, è imprenditore di successo e conosce il mondo marittimo come pochi; Aldo Spinelli si è fatto da solo, ha costruito un piccolo grande impero intermodale, ha fatto logistica quando pochi sapevano il significato del vocabolo, domina la scena da decenni e di recente si è candidato a guidare il futuro (o futuribile?) distripark di Cornigliano. Fra gli altri sotto i riflettori - tuttaltro che controfigure - si danno da fare l«eterno» Paride Batini, console a vita della Culmv, il presidente dei terminalisti Luigi Negri, e il leader degli spedizionieri Piero Lazzeri che si esprime con giudizi sempre equilibrati e ascoltati.
Possibile, con queste autentiche star, che non si possa trovare una rotta condivisa e rispettosa degli interessi individuali e collettivi? Possibile che non si possa fare a meno di passare il timone a magistrati e avvocati? La ricetta vincente - che poi è quella che ha toccato con mano, giorni fa, Lussana - applicata a Valencia, Barcellona, Marsiglia, ma anche a Rotterdam, Shanghai e Singapore, è una sola: mettiamoci daccordo, e ci guadagneremo tutti. Per ora, invece, «viviamo in una città che ha paura del suo porto.
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