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La guerra inedita di Stanley Kubrick

Ecco cosa c'è nella sceneggiatura sulle battaglie tra Nordisti e Sudisti americani. Che diventerà presto una serie tv

La guerra inedita di Stanley Kubrick

Il mese scorso ha tenuto banco sui media internazionali la notizia che Marc Forster, regista di Neverland: Un Sogno per la Vita e World War Z , adatterà una sceneggiatura scritta da Stanley Kubrick sulla Guerra di Secessione Americana.

Non è la prima volta che si tenta di resuscitare un progetto abbandonato da Kubrick: è già successo con A.I. Intelligenza Artificiale diretto da Steven Spielberg e succederà probabilmente per la biografia su Napoleone Bonaparte. È dal 2006 che questo copione sulla Guerra di Secessione, ritrovato poco dopo la morte del regista, circola sui tavoli degli studi cinematografici e televisivi in cerca di finanziamenti e, come va di moda di questi tempi, sembra che proprio un adattamento seriale per il piccolo schermo sarà la sua imminente incarnazione: a partire da quanto lasciato da Kubrick, si realizzeranno tre episodi che, dice il comunicato stampa, «amplieranno la storia originale per seguire lo spostamento verso Ovest della Frontiera, le ambizioni indomite degli americani e i sogni del Destino Manifesto».

La miniserie viene già convenientemente promossa come «di Stanley Kubrick» ma, al netto del marketing legato all'ormai mitologico nome del regista, per sapere quanto potrebbe esserci davvero di kubrickiano nel prodotto finito proviamo a tornare al gennaio del 1956, quando il nostro era ancora solo un giovanotto di 27 anni innamorato del cinema, singolarmente vestito, con grandi occhi neri e un ciuffo ribelle di capelli.

Ex fotoreporter, con alle spalle una manciata di opere tecnicamente ineccepibili ma drammaturgicamente modeste e con il film che l'avrebbe lanciato a Hollywood, Rapina a Mano Armata , ancora da montare, il giovane Kubrick era determinato a ritagliarsi uno spazio fieramente indipendente dentro l'industria cinematografica raccontando storie di guerra, donne e malavitosi. Più che i colleghi dell'epoca, Kubrick ammirava infatti i grandi romanzieri - Faulkner, Hemingway, Conrad, Schnitzler: quegli scrittori che erano riusciti a scavalcare la letteratura di genere e toccare l'universale.

Alla ricerca di un libro da adattare per ottenere lo stesso risultato, Kubrick tradiva una certa predilezione per il genere bellico: «Il mio hobby è la storia militare» diceva, «la leggo come gli altri leggono i gialli». Era convinto che la guerra fosse un soggetto particolarmente promettente per un regista: oltre all'ovvio valore spettacolare, fornisce un contesto in cui i personaggi sono costretti a prendere decisioni difficili molto in fretta, cosa che fa affiorare la loro personalità e i valori in cui credono - un meccanismo squisitamente drammaturgico.

Leggendo, leggendo, si imbatté in Shiloh , un resoconto romanzato di una delle prime sanguinose battaglie della Guerra di Secessione, avvenuta nell'aprile 1862: scritto come un collage di punti di vista dei soldati dell'Unione e dei Confederati, il libro riusciva a dare una descrizione immediata, momento per momento, della battaglia. La penna dietro Shiloh dimostrava un tratto vivido e visuale, una promessa di scrittura per il cinema. Kubrick telefonò al suo autore, Shelby Foote.

Un quarantenne dall'aria mite e schiva, Foote aveva scritto quattro romanzi e una decina di racconti che dimostravano una profonda comprensione di come la storia possa plasmare le vite dei singoli: tutti ambientati nel Delta del Mississippi, i racconti di Foote erano accomunati dall'esplorazione della complessa eredità della Guerra di Secessione, un evento che più volte aveva definito «centrale nella vita di tutti gli Americani».

Kubrick aveva brevemente incrociato questo conflitto tre anni prima, quando aveva diretto la seconda unità di un film televisivo, Mr. Lincoln , per alcune scene sull'infanzia del futuro presidente; ora aveva voglia di girare delle battaglie e sapeva quale parte dei quattro anni di Guerra lo interessava. Al telefono con Foote chiese se il romanziere fosse interessato a scrivere un trattamento su una delle scorribande del ranger John Singleton Mosby, comandante del 43° Battaglione di Cavalleria dei Confederati, soprannominato «il Fantasma Grigio» per la sua capacità di sfuggire all'Esercito dell'Unione mimetizzandosi tra la gente delle piantagioni della Virginia. Foote, dapprima restio, acconsentì a patto che non gli venisse chiesto di trasferirsi a Hollywood, «l'unico posto al mondo dove puoi venir pugnalato alle spalle mentre sali una scala». Kubrick, che già non nutriva una considerazione tanto migliore dell'ambiente, accettò senza problemi.

Quando i due si incontrarono a New York nel febbraio del 1956, Kubrick spiegò meglio quanto chiedeva: era interessato a raccontare una particolare vendetta di Mosby nei confronti del Generale Custer, colpevole di avergli impiccato sei uomini; il 6 novembre 1864 Mosby aveva catturato trenta soldati dell'Unione e li aveva allineati di fronte a un capanno, costringendoli a pescare strisce di carta da un cappello per tirare a sorte i sei da impiccare come rappresaglia. «Immagina il sollievo di chi pescava la striscia bianca e l'orrore di chi tirava su il marchio nero» gli disse Kubrick. E non era finita: si scopriva che uno dei condannati era un tamburino di quattordici anni; Mosby si rifiutava di impiccare un ragazzino e ordinava che si tornasse a sorteggiare da capo.

A Foote l'idea piacque: era l'occasione di allontanarsi dalle battaglie eroiche dei primi anni e offrire una rappresentazione veritiera delle fasi finali nella Shenandoah Valley, quando tra fango, dissenteria, vendette e impiccagioni, la Guerra aveva ormai perso quel poco che di nobile aveva da principio.

Sorpreso che Kubrick conoscesse così bene la storia della Guerra di Secessione e rassicurato dalla sua personalità cortese e brillante, Foote scrisse a un suo amico: «Dicono che Kubrick sia l'unico autentico genio arrivato a Hollywood dai tempi di Orson Welles. Sono d'accordo. Se c'è qualcuno in grado di fare un buon lavoro, è lui».

Per il giugno di quell'anno il trattamento, intitolato The Down Slope , era concluso. I due si lasciarono con l'accordo che spettasse a Kubrick trasformare il copione scritto in prosa in una sceneggiatura, cosa che Kubrick fece - ma due anni dopo.

Acquistati i diritti di un altro romanzo di guerra, Orizzonti di Gloria , e impantanato con gli adattamenti di Bruciante Segreto da Stefan Zweig e dell'autobiografia di un ex prete battista diventato scassinatore, Kubrick trascorse il 1956 e il 1957 tra gli uffici della Mgm e gli studi cinematografici di Monaco di Baviera.

Quando a inizio 1958 riprese in mano The Down Slope , lo fece leggere a Gregory Peck. L'attore aveva contattato Kubrick dopo esser stato sedotto da Rapina a Mano Armata ma non aveva potuto accettare di interpretare il protagonista di Orizzonti di Gloria per impegni concomitanti. Poco male: il nuovo progetto lo interessava ancor di più.

Nato in un sobborgo di San Diego, California, Peck aveva trascorso l'infanzia dilettato dai racconti di guerra dei veterani del paese, in particolare da quelli del bisnonno, un vecchietto magro e un po' legnoso, che era solito trascorrere tutti i pomeriggi seduto sotto l'albero di fronte al granaio della proprietà di famiglia, in attesa che uno dei bambini gli si avvicinasse per farsi raccontare un'avventura dei tempi passati. Peck aveva ancora davanti agli occhi le parate del 4 luglio, tra l'entusiasmo dei giovani e l'orgoglio dei vecchi, quando le divise blu dell'Unione e quelle grigie dei Confederati potevano finalmente sfilare accanto senza uccidersi e, da bravo americano, provava orgoglio di fronte a questo senso di storia condivisa, esaltato dalla visione romantica dell'esistenza.

Come Foote prima di lui, Peck restò colpito dall'intensità del giovane regista e soprattutto dalla scoperta che Kubrick possedeva una delle collezioni private di libri e reperti dalla Guerra più complete che avesse mai visto.

Kubrick si mise a scrivere, drammatizzando il racconto di Foote in una serie di scene con azioni dei personaggi e dialoghi. Per le descrizioni dei luoghi delle battaglie, prese ispirazione dalle migliaia di fotografie scattate da Mathew Brady, un'altra figura leggendaria della storia degli Stati Uniti: comunemente ritenuto il padre del fotogiornalismo americano, Brady documentò la Guerra di Secessione trasportando le sue apparecchiature per le stampe fotografiche all'albume negli accampamenti dell'Esercito dell'Unione e così vicino alle battaglie da rischiare più volte di esser catturato come ostaggio dai Confederati.

Gregory Peck leggeva, leggeva e sorprendentemente non gradiva. A fine estate, complici due progetti avversari sui Mosby Rangers annunciati e già in fase di riprese, l'entusiasmo dell'attore era scemato: Peck continuava ad ammirare Kubrick e voleva ancora realizzare un film sulla Guerra di Secessione, ma non necessariamente a partire da quella sceneggiatura e probabilmente non sul Comandante Mosby, una figura ormai inflazionata. Nonostante lo slancio iniziale, le approfondite ricerche e la reciproca stima, a fine 1958 il progetto era definitivamente sfumato e il copione lasciato a metà.

Gregory Peck, pur chiamato a interpretare film di guerra su praticamente qualsiasi conflitto della storia, avrebbe dovuto aspettare gli anni '80 per raccontare quello a lui tanto caro, quando accettò il ruolo di Abramo Lincoln per una serie Tv. Shelby Foote invece aveva trovato la sua vera vocazione e aveva deciso di prendere di petto l'argomento: avrebbe speso i successivi venti anni a scrivere una mastodontica narrazione della Guerra di Secessione in tre volumi, tremila pagine, un milione e mezzo di parole. E Stanley Kubrick, che pure aveva dato origine al tutto, alla fine dell'anno seguì un altro amore - quello per Lolita - e preferì dedicarsi a esso e ad altri progetti cinematografici. Avrebbe tuttavia conservato a lungo il rimpianto di non esser riuscito a raccontare la Guerra di Secessione: nel 1964, in un'intervista per l'uscita del Dr. Stranamore , ancora si diceva speranzoso di fare un giorno un film a partire dalle fotografie di Mathew Brady e nel dicembre 1980 continuava ad accarezzare proprio la battaglia di Shiloh come possibile soggetto. Allo Stanley Kubrick Archive, il fondo dell'università delle Arti di Londra che ha ricevuto in lascito il materiale di produzione dei film del regista, si può trovare infatti una lettera in cui un consulente proponeva a Kubrick quattro episodi «che possono essere inseriti nel copione su Shiloh. Sono tutti eventi che successero veramente durante la battaglia e che ho trovato leggendo ulteriori diari e resoconti dell'epoca». Non è l'unico documento relativo alla Guerra di Secessione conservato all'Archivio: ci sono due bloc-notes con appunti frammentari sbiaditi dal tempo, la pagina 27 di un copione con una scena notturna in cui alcuni Confederati passano inosservati nella foresta dietro un villaggio presidiato, e ben 112 libri, inclusi 70 volumi di carteggi ufficiali degli Eserciti dell'Unione e dei Confederati pubblicati dal Dipartimento di Stato Americano - una parte di quella biblioteca tanto invidiata da Gregory Peck.

Quel che manca sono la storia originale di Shelby Foote e il mezzo copione abbandonato da Kubrick nel 1958; saranno presumibilmente nelle mani dei produttori, degli sceneggiatori e dei registi chiamati a riesumarli, completarli, ampliarli, aggiornarli e farne sorgente di nuovo business targato Stanley Kubrick.

È così che funziona Hollywood: anche se l'hai battuta da vivo non è detto tu possa continuare a farlo da morto.

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