Controstorie

Quella guerra mai dimenticata che non dà pace a Helsinki

I 1.340 km di confine con la Russia sono l'incubo del governo finnico Che ha deciso di riarmarsi e di firmare un accordo con gli Stati Uniti

Marzio G. Mian

da Helsinki

All'epoca della Guerra d'Inverno in Finlandia circolava una battuta, riportata anche da Indro Montanelli, uno dei pochi testimoni stranieri a raccontare l'eroica resistenza di quel piccolo popolo contro l'aggressione del gigante sovietico: «I russi sono così tanti e la nostra nazione così piccola. Dove troveremo lo spazio per seppellirli tutti?». Ci scherzavano su con disincanto, ma soltanto tre mesi di guerra costarono a Stalin oltre 320mila tra morti e feriti. I finlandesi ne ebbero 70mila. E nella successiva Guerra di Continuazione, quando la Finlandia affiancò la Germania nazista nei primi mesi dell'invasione dell'Urss, quei guerriglieri scandinavi vestiti di bianco, armati di sci e vecchi schioppi, nella tundra a Nord di Leningrado fecero altri duecentomila morti. Tra il 1939 e il 1945 si calcola che furono un milione i russi vittime del fuoco finnico. La pagarono cara, immense riparazioni di guerra, la perdita del 10 per cento di territorio a Est, compresa la città di Vyborg, e decenni di schiavitù psicologica e politica, la cosiddetta finlandizzazione che costringeva Helsinki anche a ripetere le elezioni se non erano gradite a Mosca. Ma la Finlandia, nonostante la pistola del Cremlino alla tempia, mantenne per tutto il periodo della Guerra Fredda la democrazia e quell'indipendenza conquistata esattamente cent'anni fa, nel 1917, quando i bolscevichi vinsero la rivoluzione e concessero al Granducato di Finlandia il diritto all'autodeterminazione.

Nessuno più della terra dei «mille laghi» sa come sia la geografia a fare la Storia. Quei 1.340 chilometri di confine con la Russia continuano a essere un incubo. Dopo i fatti di Crimea, baltici e scandinavi hanno cominciato a risentire l'alito dell'Orso. Ma è la Finlandia a temere di più, avverte di essere il vicino più vulnerabile, anche perché non fa parte della Nato. Negli ultimi sei mesi i comandi finnici hanno registrato un centinaio di violazioni dello spazio aereo da parte dei cacciabombardieri russi e intense attività (anche con movimenti di truppe) nell'area della base militare nucleare russa di Alakurtti nel nord lappone, a ridosso dei confini. Negli ultimi due anni è stata segnalata la presenza di sommergibili «non identificati» nel Baltico finnico. E il governo di centrodestra guidato dal premier imprenditore Juha Sipila (incalzato dal vice di ultra destra Timo Soini) ha deciso di avviare un'incalzante politica di difesa, aumentando intanto le truppe da 230 a 280mila (solo nel 2012 i contingenti erano stati tagliati del trenta per cento). È stato poi deciso un piano per rimpiazzare in 10 anni tutti i 62 cacciabombardieri F/A-18 Hornet e di stanziare altri 150 milioni di euro al budget di 2,4 miliardi annuali destinati alla Difesa. Che diventa una priorità, nonostante l'economia finlandese non sia in gran salute, con la disoccupazione in aumento al 9,4 per cento (la vicina Svezia è al 4,1) la grande industria del legno e della carta in forte declino, le start up che non riescono a far recuperare i posti persi con il ko della Nokia: un malessere che alimenta i sentimenti euroscettici e il nazionalismo anti russo.

Così, sulla base di report dell'intelligence, la Supo, che hanno sollevato allarmi sull'aumento dell'acquisto di dacie da parte di cittadini russi in zone sensibili in Finlandia, il Parlamento ha bloccato le transazioni: «Non saranno più concessi acquisti da parte di stranieri di proprietà in aree di interesse nazionale», ha detto la deputata Una Kymäläinen. Si teme che ci sia un piano russo di «occupare» case che potrebbero diventare cavalli di Troia in caso d'invasione.

La tensione è aumentata in coincidenza con le celebrazioni del centenario dell'indipendenza finlandese. I media russi vicini al Cremlino hanno sollevato dubbi sulla validità del trattato firmato da Lenin nel 1917: la portavoce del governo di Helsinki ha parlato di un «chiaro disegno di destabilizzazione e d'intimidazione». Nelle scorse settimane a San Pietroburgo è stata vandalizzata (anche a colpi di pistola) la targa dedicata dalla comunità finlandese a Carl Gustaf Mannerheim, l'ufficiale eroe della Guerra d'Inverno e poi presidente: le scritte lo accusavano di essere un assassino e un nazista.

Un paese in ansia. Che secondo l'ex consigliere economico di Vladimir Putin, Andrej Illarionov, «potrebbe essere il primo a subire un'aggressione nella strategia espansionista del Cremlino». E se la Nato si mobilita in Norvegia (sono appena arrivati 330 marines a Vaernes), ma soprattutto in Polonia e nei Paesi Baltici, dove presidiano 1200 uomini in ciascun Stato (anche la Germania ha inviato in Lituania 30 tanks e 500 soldati dei reparti speciali), Mosca in risposta trasforma l'enclave russa di Kaliningrad, incuneata tra Polonia e Lituania, in una piattaforma missilistica, schierando 400 missili nucleari Iskander a medio raggio contravvenendo agli accordi firmati da Ronald Reagan e Mikhail Gorbaciov nel 1987, che segnarono di fatto la fine della Guerra Fredda. Ha suscitato le ironie dei celebri vignettisti finlandesi la contromossa dell'Unione Europea di costruire una mega recinzione di cento chilometri intorno a Kaliningrad, costo 32 milioni di euro. In questo contesto, più rassicurante della rete da pollaio di Bruxelles, il recente trattato di cooperazione militare tra i Paesi scandinavi e soprattutto l'accordo siglato in ottobre a Washington dal ministro Petteri Orpo «per un patto bilaterale di Difesa», che impegna gli Stati Uniti a intervenire in caso d'attacco.

Insomma, la Finlandia festeggia il suo centenario guardando al passato con orgoglio e molta inquietudine.

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