Cultura e Spettacoli

La guerra mondiale di Tarantino? "Quella sporca dozzina" di ebrei

Gli "Inglorious basterds" sono un gruppo di soldati più sadici dei nazisti. Il regista cita John Wayne e chiude con Morricone

La guerra mondiale di Tarantino? "Quella sporca dozzina" di ebrei

Cannes - Se il mondo dei Festival andasse come dovrebbe, da ieri il più autorevole candidato al premio per il miglior attore sarebbe Christoph Waltz. Ma chi è costui? È il vero protagonista di Inglorious Basterds di Quentin Tarantino, il meno brutto dei suoi film. Per la precisione Waltz è l’attore che, nel ruolo di ufficiale dell’Sd (servizio segreto delle Ss), ruba la scena a Brad Pitt, ufficiale dell’esercito americano, dimostrandosi degno emulo di Peter Sellers.

Poliglotta, Waltz recita, da tedesco, in tedesco, ma anche lungamente in francese, inglese e italiano. Soprattutto rende il suo personaggio il più simpatico della grottesca compagnia della buona morte che percorre questo film, rilettura originale della Seconda guerra mondiale come scontro fra schiere opposte non di oppressori e liberatori, ma come schiere miste, da una parte e dall’altra, di assassini sadici e assassini algidi. Meglio i primi, perché con loro si può sopravvivere, se si ha qualcosa da offrire.

Come quello di Waltz, il personaggio di Pitt è un assassino algido; invece il commando di ebrei, comandato da Pitt, è di assassini sadici, seriali nel senso che uccidono tedeschi: nazisti o no, non fa differenza. Morale: in Inglorious Basterds non ci sono buoni, ci sono solo cattivi. I più forti sono ora gli uni, ora gli altri. Per tipi umani rappresentati, Inglorious basterds evoca Pulp Fiction, rifatto non più sulla costa occidentale degli Stati Uniti, ma sul fronte occidentale della Germania, cioè la Francia.

Tarantino s’infischia alla sua maniera dell’attendibilità cronologica e storica nell’ispirarsi a Quel maledetto treno blindato di Enzo G. Castellari, che a sua volta s’ispirava a Quella sporca dozzina di Robert Aldrich. Un gioco di specchi, con una spruzzata del Fassbinder di Lili Marleen, sagra della svastica; e con citazioni di nomi di attori e registi d’epoca (Pabst, Clouzot, la Riefenstahl, Jannings, la Darrieux...). E se Tarantino apre il film col motivo conduttore di Tiomkin nella Battaglia di Alamo di John Wayne e John Ford, lo chiude con il motivo conduttore di Morricone in Allonsanfan dei fratelli Taviani, tocco cinefilo simpatico e suggestivo, per una volta. Il resto è un inserimento nel genere bellico caro al Tarantino ragazzo di figure e situazioni del western italiano, specie quello dove ognuno è per sé e Dio è contro tutti, derivato da Sergio Leone.

Sulla scoperta di Waltz, Tarantino mi dice: «Per settimane a Berlino (il film è stato girato nei teatri di posa di Babelsberg, ndr) ho cercato un attore che fosse poliglotta e bravo. Senza di lui, niente film. Dopo l’audizione di Waltz, ho detto: il film si fa».

Meno convincente, sulla carta, pareva aver ambientato la seconda metà del film nella Parigi del luglio 1944, un mese dopo lo sbarco in Normandia, due settimane prima giorni dell’attentato a Hitler. Ma, grazie alle formidabili scenografie offerte da Babelsberg, il giochetto di condurre la realtà in una sala cinematografica ha funzionato, lubrificato da momenti di parodia e umorismo surreale. La retorica resistenziale qui si sfarina in un macello dove le «vittime» sono degne dei «carnefici», fino allo svelarsi di un intento fantapolitico rétro: l’attentato storico contro il Führer non avviene più al suo quartier generale in Prussia orientale, ma nel cinemino di quartiere (Grindhouse in inglese... ). E anche l’esito dell’esplosione cambia, cambiando la storia...

«Ho voluto che a sconfiggere il nazismo fosse la forza del cinema», dice Tarantino col suo eterno sorriso, che forse è eterno solo per la conformazione della mandibola. «Comunque il finale giustifica tutto quello che lo spettatore ha visto prima». Quanto a Eli Roth, regista della delirante serie splatter di Hostel, prodotta sempre da Tarantino, ma qui in veste di attore, spiega la sua partecipazione come dettata dalla «vendetta ebraica». Il commando di ebrei non cerca vittoria per gli Stati Uniti, cerca vendetta per gli ebrei. «È un sogno, ma chi non ha sognato di fare una lunga strage di nazisti?». Già, chi?

Perché gli inglorious, oltre che senza gloria, sono basterds e non bastards? «Quando si fa qualcosa di artistico, è difficile spiegarne ragioni e fini.

Se avessi voluto togliere la lettera “e” a “hotel”, come potrei spiegarlo?» Già, come? Il mistero fonetico resta, cade però quello sullo stato magmatico del cervello di Tarantino.

Commenti