Guerra tra scrittori siciliani di fronte al tribunale civile di Parma: da un lato Domenico Cacopardo, magistrato del Consiglio di Stato in pensione e scrittore, siciliano d'origine ma ormai parmigiano d'adozione; dall'altro Andrea Camilleri, il «papà» del commissario Montalbano. Oggetto del contendere, un personaggio di uno degli ultimi romanzi di Camilleri, «Il nipote del Negus», che si chiama Cacopardo esattamente come il magistrato e che, come il magistrato, fa anche lo scrittore. Il nome di battesimo è diverso, ma il Cacopardo in carne e ossa si è sentito offeso dal ritratto che Camilleri fa del suo omonimo letterario. Di qui l'azione giudiziaria, per chiedere il sequestro del libro.
L'analogia tra i due Cacopardo si ferma al cognome e alla comune passione per la scrittura. Quello letterario si chiama Aristide, non Domenico, e di mestiere fa il controllore di biglietti. La frase sotto accusa è contenuta a pagina 88 del romanzo, pubblicato da Sellerio: «In conclusione, il Cacopardo, che risulta persona attendibile anche se un poco chiacchierato (è fissato di essere un grande scrittore e consuma il suo stipendio pubblicando romanzi a sue spese) contraddiceva nel modo più assoluto la rocambolesca versione fornita dal Principe al Direttore della Scuola Mineraria».
Una descrizione che il magistrato scrittore, che con il conterraneo Camilleri non ha mai avuto buoni rapporti, ha avvertito come offesa alla sua persona. A raccontare la vicenda la Gazzetta di Parma, che ha anche sentito il difensore di Cacopardo, l'avvocato Giovanni Franchi: « Il cognome è stato usurpato integralmente. - spiega il legale - Anche se il nome è differente il riferimento è chiaro.
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