
Il momento decisivo potrebbe essere «uno qualsiasi della prossima settimana». Donald Trump definisce «molto ferma» la sua volontà di arrivare a una tregua a Gaza alla vigilia dell’incontro con Benjamin Netanyahu, previsto per lunedì alla Casa Bianca, in cui si parlerà del conflitto nella Striscia e di Iran. «Sarò durissimo» sulla necessità di raggiungere un’intesa, ha spiegato Trump, precisando che anche «Bibi» vuole l’accordo. Per il primo ministro israeliano sarà la terza visita negli Stati Uniti dall’insediamento del presidente americano. Un viaggio significativo che - spiega Netanyahu segue «la grande vittoria ottenuta nell’operazione contro l’Iran», un’azione che «ha aperto ampie possibilità regionali». Per il premier israeliano, «sfruttare il successo non è meno importante che raggiungerlo». Si spera nell’onda lunga del ridimensionamento del regime iraniano e del cessate il fuoco con Teheran per arrivare a nuovi accordi di pace, come quello con la Siria e il Libano a cui Israele sta lavorando con la collaborazione dell’amministrazione americana.
Già ieri era a Washington il ministro israeliano per gli Affari strategici, Ron Dermer, a preparare il terreno per l’arrivo di Netanyahu con una serie di incontri ai vertici, dal Segretario di Stato Usa, Marco Rubio, al vicepresidente J.D. Vance fino all’inviato americano per il Medio Oriente, Steve Witkoff, che dovrebbe presentargli il piano post-bellico per Gaza. Il tempo stringe dopo 635 giorni di guerra. Il capo di Stato maggiore delle Forze armate israeliane (l’Idf) Eyal Zamir ha avvisato domenica i ministri del Gabinetto di sicurezza che espandere le operazioni militari nella Striscia potrebbe mettere parecchio a rischio la vita degli ostaggi.
A Gaza ne restano 48, di cui si stima che solo una ventina siano vivi. «Sono favorevole alla sconfitta di Hamas - ha detto il generale Zamir - ma più andiamo avanti con l’operazione, più mettiamo in pericolo gli ostaggi».