Guerriglia, 20 autonomi inchiodati dai filmati

Oggi il Riesame valuta la loro posizione. Va avanti l’indagine sul corteo della Fiamma

Enrico Lagattolla

Filmati, foto segnaletiche, informative delle Forze dell’ordine, testimonianze. Tutto sulla «guerriglia» urbana scatenata dagli autonomi che l’11 marzo hanno messo a ferro e fuoco corso Buenos Aires. Il fascicolo in mano al pubblico ministero Piero Basilone arriva oggi davanti al Tribunale del riesame, che dovrà valutare la posizione di venticinque arrestati, ancora detenuti nel carcere di San Vittore. Dopo le scarcerazioni degli scorsi giorni, la Procura ritiene di aver identificato buona parte dei manifestanti responsabili delle devastazioni. Per questi, restano in piedi le accuse di concorso morale e materiale in devastazione, incendio, resistenza e violenza a pubblico ufficiale aggravata.
E sarebbero una ventina, gli aderenti ai centri sociali per i quali gli inquirenti sono giunti ad accertare le responsabilità nei disordini della «contromanifestazione». Altri cinque, invece, avrebbero una posizione più «defilata». Per questi, le porte della casa circondariale potrebbero aprirsi già da oggi. Come già avvenuto di recente per altri nove. In un primo momento erano stati liberati quattro giovani dell’area «antagonista», a cui se ne sono aggiunti altri cinque mercoledì scorso. Nel corso degli interrogatori, alcuni di questi avevano spiegato di «essersi trovati per caso in corso Buenos Aires», o di aver «semplicemente partecipato a una manifestazione senza volontà di aggressione». Comunque, tutti rimandati a casa per mancanza di indizi. Diversa sorte, invece, potrebbero avere buona parte dei venticinque per i quali il Tribunale del Riesame dovrà oggi esprimere un parere.
Le identificazioni, dunque, arrivano a conclusione di un minuzioso lavoro degli inquirenti, che hanno confrontato foto segnaletiche e filmati televisivi, incrociando le istantanee con le immagini contenute nei video realizzati dalle televisioni pubbliche e private, dalla Polizia e da videoamatori, e acquisite dalla Procura. Parallelamente, prosegue anche l’indagine a carico dei militanti di estrema destra, la cui manifestazione provocò la violenta contestazione dei centri sociali. L’inchiesta, condotta dallo stesso Basilone, affiancato dal pm Luisa Zanetti, ipotizza la violazione della legge Scelba, che vieta manifestazioni di stampo fascista.
Anche in questo caso, immagini e filmati di croci celtiche, fasci littori e saluti romani al vaglio degli inquirenti, che stanno procedendo alle identificazioni dei «camerati». Due esponenti di movimenti vicini alla Fiamma Tricolore - tra quanti hanno preso parola dal palco in piazza San Babila - sono già iscritti nel registro degli indagati.

Uno è Maurizio Boccacci, tra i responsabili dell’organizzazione della Fiamma, fondatore nel 1994 (nonché leader) del «Movimento politico occidentale», e compagno di classe del terrorista «Giusva» Fioravanti, che - «arringando» i manifestanti, e con tanto di braccio teso - si era detto «orgoglioso» della propria appartenenza all’ultradestra. L’altro è Piero Puschiavo, imprenditore di 39 anni, fondatore del «Veneto Fronte skinheads».

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