Guida ai processi sportivi Ecco chi rischia la serie B

Juve e Fiorentina, in base alle informative consegnate dai carabinieri ai pm, sono le più compromesse

Gian Marco Chiocci Massimo Malpica

da Roma

Le inchieste aperte nelle procure di mezza Italia coinvolgono praticamente tutti gli attori di uno spettacolo sottosopra: calciatori e arbitri, presidenti e vertici federali, direttori generali e procuratori. Se tra frode sportiva, scommesse, doping amministrativo e illecita concorrenza il calcio italiano puzza ormai dalla testa alla coda, la giustizia sportiva si prepara a dire la sua su questo mondo bacato sottoposto a «ricatti, violenze psicologiche e soprattutto connivenze di ogni genere», per dirla con gli inquirenti.
Per capire perché gli equilibri del calcio sono vicini alla fine, e senza risalire allo scandalo delle scommesse degli anni ’80 che spedì Milan e Lazio in serie B, basta dare un’occhiata a quanto è accaduto nelle ultime stagioni. Squadre blasonate e storiche come Torino, Fiorentina, Napoli, Genoa, Perugia, Salernitana, Palermo, Catania e Venezia, vittime illustri di una giustizia sportiva mai così severa, anche se non con tutti. La novità è che tra le squadre in ballo c’è la «Signora» del calcio italiano, la Juventus, come minimo predestinata alla serie B.

JUVE, RETROCESSIONE
O RIVOLUZIONE
Intorno al club torinese girano praticamente tutte le inchieste di questa primavera nera. La Juve è al centro dell’illecito sportivo, con l’indubbio ruolo dominante che secondo gli inquirenti napoletani svolgeva il suo dg Luciano Moggi, insieme ad Antonio Giraudo, inquinando designazioni arbitrali italiane e internazionali oltre allo stesso esito del campionato. È sfiorata dal ciclone scommesse, a Parma e a Torino, con un giocatore di prestigio come il portiere Gianluigi Buffon e con alcuni ex bianconeri come Iuliano, Maresca e Chimenti. È interessata anche dal filone sul doping amministrativo, sempre all’ombra della Mole, con i pm che indagano per falso in bilancio dovuto a plusvalenze nelle compravendite di calciatori senza lustro. E anche l’inchiesta romana sulla Gea dei figli d’arte investe in pieno il ruolo di Moggi «re del calciomercato» con un occhio agli interessi juventini.
Dal punto di vista della giustizia sportiva quella bianconera è ovviamente la squadra che rischia di più. Stando alle intercettazioni, tramite Lucianone e i gangli del «sistema moggiano», su tutti Paolo Bergamo e Pierluigi Pairetto, avrebbe pilotato le griglie e i sorteggi dei direttori di gara per ottenere arbitri e guardalinee à la carte, oltre ad avvantaggiarsi di avversari indeboliti grazie alle ammonizioni ed espulsioni «guidate» nelle partite delle squadre che avrebbero successivamente incontrato il club torinese. Gli inquirenti ritengono poi di aver raggiunto «una valutazione di gravità indiziaria in relazione agli elementi probatori acquisiti in almeno 12 gare della Juventus». Insomma, se l’Ufficio indagini riconoscerà l’illecito sportivo dovuto a una diretta responsabilità dei suoi dirigenti (e tali erano Moggi e Giraudo) il minimo che il club torinese può attendersi è il piazzamento all’ultimo posto del campionato appena concluso con la conseguente retrocessione in serie B. Quasi certa anche la revoca degli ultimi due scudetti: il comma 6 dell’articolo 6 del Codice di giustizia sportiva prevede infatti che le sanzioni debbano considerarsi «aggravate» sia in caso di «reiterazione» sia in caso di «riuscita» dell’illecito. Possibile anche un’ulteriore penalizzazione in punti da scontare nel prossimo campionato. Di serie B, o di C. Il comma 1, lettera h) dell’articolo 13 del Cgs prevede infatti l’«esclusione dal campionato di competenza o da qualsiasi altra competizione agonistica obbligatoria, con assegnazione da parte del Consiglio Federale a uno dei campionati di categoria inferiore». Insomma, la Figc commissariata potrebbe decidere di iscrivere la Juventus persino tra i dilettanti. Ma a fronte dei 12 milioni di tifosi su cui la «Vecchia signora» può contare, e sulla corrispondente fetta di potenziale pubblico televisivo che andrebbe perduta insieme ai guadagni, probabilmente non si arriverà a tanto.

PER LA FIORENTINA
UN FUTURO CADETTO
Fra le squadre a rischio-retrocessione c’è anche la Fiorentina. I fratelli Della Valle si dicono «vittime» della cupola moggiana, parlano di «pressioni strutturali» e ricordano i torti arbitrali subiti fino a metà del girone di ritorno. E sin qui hanno probabilmente ragione. Il problema è che, nel finale del campionato scorso, con i viola a un passo dalla B dopo il pareggio interno con il Messina (gol dei siciliani al 95° e arbitraggio contestato da Della Valle) è documentato l’avvicinamento dei vertici societari al «sistema Moggi». Con l’obiettivo dichiarato, secondo i carabinieri, di salvare la squadra dalla B. Sono almeno tre le partite «sortite in risultati forzati corrispondenti agli interessi di campionato», e dalle intercettazioni emerge con evidenza il ruolo chiave del dirigente viola Sandro Mencucci e, in un paio di occasioni, anche di Andrea e Diego Della Valle, con quest’ultimo che incontra in un «pranzo riparatore» il designatore Paolo Bergamo. In particolare, per salvare la Fiorentina si sarebbe anche falsato l’esito di Lecce-Parma all’ultima giornata (arbitro Massimo De Santis) in modo da spedire allo spareggio per la salvezza Parma e Bologna, risparmiando i viola. C’è poi il giallo della combine tentata su Lazio-Fiorentina. Ne parla al telefono con Mazzini il presidente della Lazio, Lotito: «Della Valle mi ha fatto una proposta da bandito». La sorte del club sembra dunque segnata: retrocessione d’ufficio in serie B. Ma a favore dei gigliati potrebbe giocare il «principio di gradualità»: se la Juve ha fatto quello che ha fatto e finirà «solo» in serie B, la stessa sanzione per i viola potrebbe risultare eccessiva. In questo caso la squadra toscana potrebbe cavarsela con una pesante penalizzazione nel prossimo campionato di A.

LAZIO IN SERIE A
MA CON L’HANDICAP
Tre partite «incriminate», una sola ancora in dubbio: Chievo-Lazio 0-1. Il presidente Lotito si è difeso sostenendo che non c’è ombra di un illecito in quelle conversazioni sospette tra lui, Mazzini e il magistrato Cosimo Ferri. E proprio le intercettazioni, se da un lato tirano in ballo la Lazio, dall’altro sembrano un indizio della «buona fede» del presidente biancoceleste, che quasi mai è a conoscenza delle designazioni (che arrivano quando sono già state ufficializzate) e spesso cade dalle nuvole quando il vice di Carraro gli fornisce rassicurazioni sul fischietto di turno. A favore di Lotito contano le colossali fregature rifilate dalla «cupola» ai biancocelesti. Come l’affaire Giannichedda, uomo Gea in scadenza di contratto, soffiato dalla Juve a costo zero. Per i magistrati napoletani, in cambio di alcuni arbitraggi accomodati Lotito avrebbe accettato di svolgere un ruolo attivo nel mantenimento dello status quo in Federazione e in Lega in occasione delle elezioni, ma dal punto di vista dell’illecito sportivo la posizione del club romano è meno compromessa di quella della Fiorentina. A differenza di Della Valle, Lotito non parla mai direttamente con Bergamo o Pairetto, e anche se si parla molto di favori arbitrali e di «occhi di riguardo» i riscontri sugli episodi del campo sono scarsi e poco rilevanti. Quanto poi al presunto tentativo di combine proposto dalla Fiorentina e rifiutato dal presidente laziale, Lotito potrebbe rischiare per l’omessa denuncia prevista dall’articolo 6, comma 7 del Cgs. Stando così le cose, la Lazio se la potrebbe cavare con una penalizzazione da scontare nel futuro campionato di A.

MILAN: PERICOLO
DI PARTIRE COL MENO
Il Milan è chiamato in causa per le «relazioni pericolose» intessute dall’addetto agli arbitri del club rossonero, Leonardo Meani. L’ipotesi d’accusa è che la società rossonera abbia tentato di costruire un «contropotere» per opporsi al dominio della «Cupola moggiana», una «rete alternativa» di arbitri e guardalinee «vicini» agli interessi del club di via Turati per non soccombere di fronte ai bianconeri. Ma dalle carte emerge soprattutto l’immagine di un club frustrato, condizionato come gli altri da scelte arbitrali orientate dal «sistema». E così i rossoneri in corsa con la Juve per lo scudetto perdono a Verona contro il Chievo per un gol regolare annullato a Shevchenko e alzano la voce. Meani reclama più attenzione, e per una volta viene ascoltato dai designatori. Nelle intercettazioni tra Bergamo e Pairetto i due danno l’impressione di voler «concedere» un apparente privilegio al Milan per placare le polemiche, ma gli stessi carabinieri osservano come la squadra rossonera non trarrà alcun vantaggio da quelle designazioni. Per la giustizia sportiva c’è anche l’attenuante che Leonardo Meani non è un dirigente ma è un tesserato. Il codice parla chiaro: responsabilità oggettiva e non diretta. Galliani riceve informazioni solo dal suo tesserato, mai di prima mano tranne in un caso: quando in occasione della squalifica con la prova tv di Ibrahimovic, Bergamo si mostra «indipendente» al moggismo e chiede a Meani di parlare con l’Ad, forse proprio per «blindare» la decisione della Caf, ipotizzano i carabinieri. Ma la chiacchierata è presunta: non si sa nemmeno se poi i due abbiano parlato. L’ipotesi di un «classico» illecito sportivo è sorta solo recentemente, a proposito del pareggio per 1-1 a Udine nell’ultima giornata del campionato 2004/2005. Quel punto, che grazie al concomitante pareggio tra Samp e Bologna darà la Champions League ai friuliani, secondo l’interpretazione che alcuni hanno dato alle chiacchiere tra Meani e il team manager udinese Lorenzo Toffolini, sarebbe frutto di un accordo. Un patto comprensivo tra l’altro del passaggio in rossonero del calciatore Marek Jankulovski. Trasferimento, a dirla tutta, che era stato già deciso in inverno, tra novembre (telefonata tra Alessandro Moggi e lo stesso calciatore ceko del 23 novembre 2004) e gennaio. Insomma, le tante parole di Meani con arbitri e assistenti potrebbero tutt’al più costare al Milan una penalizzazione per la prossima stagione.

SIENA, REGGINA
E LE ALTRE IN BILICO
C’è poi l’incognita delle squadre «minori»: secondo l’accusa Siena e Reggina sono soggette alla cupola moggiana e così legate alla Gea da esserne quasi asservite. È messo peggio il Siena, squadra cara a Moggi e all’azienda di suo figlio che mettono becco nelle decisioni della società presieduta da Paolo De Luca, risultato «controllato» dalla Gea (l’interessato, però, ha smentito). A inguaiare i bianconeri toscani è l’incontro Livorno-Siena terminato 3-6 per gli ospiti. L’arbitro De Santis espelle quasi subito il difensore livornese Galante e dopo la partita ride e scherza al telefono con Mazzini sull’esito della partita. Se fosse dimostrato l’illecito sportivo il Siena rischia una penalizzazione o addirittura la retrocessione. Non appare esserci una responsabilità diretta, ma è necessario appunto chiarire quanto la società fosse al corrente. Anche la Reggina rischia. Il presidente Lillo Foti è legatissimo a Moggi, e tra le intercettazioni si segnala una chiacchierata con il designatore Bergamo il giorno prima di Reggina-Brescia. Foti «si raccomanda» per l’arbitraggio ricevendo rassicurazioni sulla terna. L’incontro per la verità finisce col Brescia vittorioso per 3-1 ma l’intercettazione potrebbe essere letta come tentato illecito. C’è poi l’episodio di Reggina-Lazio (2-1 per gli amaranto). Ne parla Franco Carraro a proposito delle lamentele biancocelesti per gli arbitraggi. Dice che nell’intervallo il presidente Foti avrebbe fatto visita all’arbitro Saccani, cosa ovviamente proibita. Altra gara «sospetta» è Reggina-Palermo, anche qui con un filo diretto tra Bergamo e il presidente calabrese. La gara si chiude 1-0 e qui la responsabilità è chiaramente «diretta»: c’è da comprendere se l’eventuale illecito sportivo è tentato o consumato. Quasi certa una penalizzazione, retrocessione in B se gli elementi in mano alla giustizia sportiva porteranno ad aggravare la posizione del club calabrese.

EMPOLI E AREZZO
PENALITÀ IN VISTA
L’Empoli avrebbe goduto di favori arbitrali in serie B. È coinvolto per l’incontro vinto 2-1 contro il Vicenza grazie a due rigori: una partita per la quale, a quanto racconta l’assistente Claudio Puglisi al milanista Meani, il guardalinee Cuttica sarebbe stato «indottrinato» per favorire i toscani. Più pesante la posizione dell’Arezzo. Fitto l’intreccio di conversazioni nel presunto piano per salvare i granata toscani che coinvolge tra gli altri Luciano Moggi e Innocenzo Mazzini. Molte le anticipazioni anche su licenziamenti di allenatori e cambi di Ds «azzeccate» da Moggi, ma il presidente aretino non viene mai intercettato o citato direttamente. Anche qui è un guardalinee, Titomanlio, a testimoniare di aver avuto pressioni per agevolare l’Arezzo nella sfida casalinga contro la Salernitana. Per l’Empoli pochi rischi: nessuna certezza di combine e chiamata in causa indiretta. Per l’Arezzo la testimonianza del «favore arbitrale» arriva direttamente dal guardalinee e gli indizi di un «complotto» per favorire la permanenza in B della squadra toscana sono più numerosi. Rischia una penalizzazione o, se si provasse l’illecito sportivo, la retrocessione in C1.

Nessun profilo illecito dal punto di vista sportivo per il Livorno e per il Cagliari, i cui legami con la Gea per quanto stretti - in particolare per il club toscano che si rileva utile per lo sbarco di Adrian Mutu a Torino - non sono certo penalmente rilevanti.
gianmarco.chiocci@ilgiornale.it

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