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La Guida Michelin premia Roma È Beck il quinto «3 stelle» italiano

Lo chef bavarese della Pergola: «Ci ho messo tre anni a pensare come un italiano». Cracco Peck resta al palo: pure la Sicilia batte Milano

Paolo Marchi

Beck? Tre stelle. Bottura e Sultano? Due ciascuno. E così a Roma, Modena e Ragusa lo champagne scorre a fiumi. Tanta grazia stellare la cucina italiana con la Michelin non l’aveva mai conosciuta: 5 insegne tristellate, 23 con due e 198 con una stellina (14 le novità). E, salvo sette bocciature al primo livello e nessuna al secondo e terzo, ci sarebbe di che festeggiare a petto in fuori se non fosse che anche in un edizione celebrativa come quella del mezzo secolo (la prima uscì nel ’56), i cugini trovano sempre il modo di essere perfidi con noi. Cinque tre stelle esattamente come la Spagna (promossa Carme Ruscalleda) e due in meno rispetto alla Germania...
Come gli spagnoli e certo non come i tedeschi, noi abbiamo una grande cucina nazionale e lo stesso Heinz Beck, un bavarese da 11 anni alla Pergola del Cavalieri Hilton a Monte Mario, si sente italiano, non solo perché Teresa, sua moglie, è palermitana «ma anche per la cucina che propongo nella quale non c’è un ingrediente, una cottura o una tradizione che appartenga alla Germania». Già pasticciere di Winkler a Monaco, un sudtirolese trapiantato in Baviera, Beck si è dovuto reinventare: «Ho impiegato tre anni a ragionare da italiano e da cuoco e non più da pastry-chef tedesco e oggi le mie tre stelle sono le quinte dell’Italia e non le ottave della Germania».
Si affianca a Nadia Santini (Pescatore a Canneto nel Mantovano), Massimiliano Alajmo (Le Calandre a Rubano nel Padovano), Luisa Valazza (Sorriso a Soriso nel Novarese) e Annie Feolde (Pinchiorri a Firenze), ottavo locale di sempre dopo Gualtiero Marchesi (prima a Milano e poi in Franciacorta), Antica Osteria del Ponte alla Cassinetta (Milano) e Don Alfonso a Sant’Agata (Napoli), da qualche anno scesi a due. Ma la famiglia Iaccarino ha comunque «recuperato» la stella persa: il Baby dell’hotel Aldovrandi Palace a Roma è guidato da Ernesto Iaccarino. Il trionfo di Beck è rafforzato dal successo del Baby nonché dell’Altro Mastai, chef l’abruzzese Fabio Baldassarre. E in un confronto con Milano, la capitale stravince per 3-0. Carlo Cracco, titolare di Cracco-Peck, in odore di promozione, è rimasto invece fermo a due, come Claudio Sadler, patron del Sadler, e in generale nessuna novità appartiene al territorio meneghino.
Quanto ai trionfatori, Ciccio Sultano, passato in tre anni dal nulla alle due stelle, un record per lui e per una Sicilia che vanta anche le stelle della Madia a Licata e di Casa Grugno a Taormina, ha festeggiato con Krug, Beck inventando il cocktail Michelin, di colore rosso con tre stelline come decorazione, e Bottura creando con ironia il Kir Royale «Modenoise» ovvero Dom Perignon corretto con Aceto Balsamico Tradizionale di Modena.
Alla conferenza, il responsabile della guida italiana, Fausto Arrighi, ha dato atto che «la nostra cucina non è più quella della mamma e delle nonne, i nostri cuochi non sono più i figli di trattori: oggi si affermano gli chef professionisti», e questo è un enorme passo in avanti sul piano della professionalità. Poi come sempre la Michelin fa discutere perché è la più venduta, la più temuta e si permette di non spiegare le sue scelte. E se il Met dell’hotel Metropole a Venezia è il ritorno in prima fila di Corrado Fasolato, già celebrato alla Siriola in Alta badia, se il Piemonte festeggia i Conti Roero a Monticello d’Alba (Cuneo) e il L’Birichin a Torino così come in Lombardia sono delle sorprese la Piazzetra a Ferno (Varese) e il Porticciolo a Lecco, molti si interrogano sulla portata della segnalazione delle cosiddette «promesse», insegne a cui è mancato un niente per salire di grado. Sono cinque: Perbellini a Isola Rizza (Verona) si è arenato a un sorbetto dalla terza stella; Il Gelso a Cazzago San Martino (Brescia), il Gambero a Calvisano (Brescia), Schoeneck a Falzes (Bolzano) e la Madonnina del Pescatore a Senigallia (Ancona) dalla seconda. Ha spiegato Jean-Luc Naret, n.

1 del comparto guide: «Vogliamo stimolare la curiosità dei lettori e destare l’impegno massimo di alcuni chef: a volte per raggiungere certi traguardi un’iniezione di adrenalina può solo fare bene».

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