Il guru del «Tea Party»

Ora che i Tea Party hanno dato un contributo cruciale alla sconfitta di Barack Obama nelle elezioni di mid-term, cresce l’interesse per questa America profonda che ha dichiarato guerra alla riforma sanitaria e ai salvataggi delle banche. E un buon modo per accostare tale galassia antistatalista è offerto dal volume End the Fed di Ron Paul (pagg. 240, euro 17), pubblicato da Liberilibri. Dopo La terza America. Un manifesto (pagg. 195, euro 15), uscito lo scorso anno presso il medesimo editore, il lettore italiano dispone adesso anche di quest’altro volume scritto dal padre di uno dei trionfatori delle ultime consultazioni (Rand Paul, neo-senatore del Kentucky), ma soprattutto da colui che lo scorso anno fu in corsa per i repubblicani nelle primarie presidenziali.
Ginecologo anti-abortista e innamorato dell’economia austriaca, da parecchi anni Paul è un libertario deputato nelle fila repubblicane. Ma anche grazie al sostegno plebiscitario proveniente dai suoi supporter texani, egli può permettersi di essere del tutto sganciato dalle logiche di partito: e il volume End the Fed («Abolisci la banca centrale») ne è una testimonianza.
Come per i militanti dei Tea Party, anche per Paul spesa pubblica ed espansione monetaria sono cancri da combattere. Da qui la proposta di abbandonare la valuta fiduciaria per tornare alla moneta-oro e l’idea stessa di abolire la Banca centrale, che ha avuto un ruolo cruciale in tutti i disastri economici moderni: dalla Grande Depressione in poi. Al riguardo, nel volume sono di notevole interesse taluni dialoghi - trascrizioni di audizioni al Congresso - tra lo stesso Paul e Alan Greenspan, che da giovane fu un cultore degli ideali libertari e poi per quasi un ventennio ha gestito la Federal Reserve secondo logiche stataliste. Già nel 2000 Paul buttava in faccia al governatore i rischi della situazione e le bolle a venire: «la situazione è insostenibile e qualcosa dovrà accadere». Ma era preso per un eccentrico.
Dalla lettura del libro è comunque facile evincere che nella prospettiva di Ron Paul ricostruire l’economia esige soprattutto un ritorno dello Stato alle limitate funzioni assegnategli dalla Costituzione. In tal senso, la storia statunitense è in larga misura un tradimento dello spirito originario, poiché i Padri Fondatori volevano soprattutto proteggere l’economia da ogni monopolio pubblico, garantire una moneta solida, organizzare un esercito esclusivamente difensivo.
Quest’ultimo punto è fondamentale, perché il liberista Paul è anche il più acceso avversario della politica estera statunitense: delle missioni in Irak e Afghanistan, degli aiuti al Terzo Mondo, della lotta ai paradisi fiscali e agli «Stati canaglia». A suo parere la politica estera deve essere politica di difesa, e quindi occuparsi di proteggere da eventuali attacchi. Nient’altro. Da libertario, ritiene di non avere firmato una cambiale in bianco che consegni a Washington il compito di eliminare le dittature e promuovere la civiltà. George W. Bush ieri come Barack Obama oggi non devono considerarsi i salvatori del mondo, tanto più che il loro attivismo accresce l’insicurezza degli americani.
La proposta economica liberale e il rigetto di un Nuovo Ordine Mondiale sono una cosa sola. La stessa facilità con cui gli Stati contemporanei dichiarano guerra è figlia della moneta cartacea, poiché in passato quanti volevano lanciarsi nei conflitti dovevano chiedere le risorse di cui aveva bisogno ai propri sudditi e, proprio per questo, spesso «trovavano soluzioni diplomatiche per prevenire la guerra e, una volta iniziata, la portavano a termine appena possibile». È la legalizzazione della truffa monetaria che ha offerto risorse così estese ai generali.
In Paul, il dato costante è la tutela della libertà individuale. Ai suoi occhi, statalismo e militarismo sono inseparabili ed è difficile combattere il primo senza mettere in discussione il secondo. Non si tratta solo di ricordare che negli Usa le spese militari assorbono più del 20% del bilancio complessivo, ma anche di comprendere che la politica estera è intrecciata agli interessi dei gruppi più influenti.


Per capire questo End the Fed, testo davvero sincero ed eterodosso, bisogna allora ricordarsi come all’origine del sogno americano ci sia il miraggio di una libertà fondata su un rispetto assoluto per la persona. Nessun può aggredire il prossimo, ci dice Paul, perché ognuno ha il diritto di cercare la felicità alla propria maniera, e pure il dovere di vigilare di fronte alle pretese dei propri governanti.

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