Dopo il successo spagnolo nulla pare impossibile per Matteo Manassero. Soprattutto perché c'è un aspetto del suo gioco che stordisce come un uppercut di Tyson: la dicotomia esistente tra la sua età anagrafica e quella del suo golf. Voglio dire: il diciassettenne di Negrar è giovane, ma gioca come un esperto. In sostanza, l'azzurro apparentemente manca dell'irruenza agonistica e della foga indomita tipiche dei teenager: lui non si affanna per il risultato, ma aspetta con pazienza; non rischia, ma calcola; non si precipita, ma pondera. Se confrontato con i Superman della nuova generazione del Tour, come McIlroy o Fowler, che con ferocia tentano sempre di aprire nuove vie, anche pericolose, verso le aste delle bandiere, Matteo ricorda il Pollicino previdente della fiaba: non esce mai dal sentiero tracciato, ma la strada verso la buca lazzecca sempre.
A differenza dunque dei suoi coetanei già avviati sui circuiti mondiali, il veronese non è impegnato ossessivamente nel «diventare» qualcuno, lui «è» già qualcuno. Dunque non solo un putt caliente e uno swing al metronomo: in Manassero c'è molto di più. C'è saggezza, calma e pazienza. Soprattutto nella gestione del campo e nella capacità di controllare la pressione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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