Ha una croce al collo British Airways la sospende dal lavoro

Erica Orsini

da Londra

Una piccola croce argentata, grande appena come una monetina da 10 pence, le è costata una sospensione dal lavoro di due settimane, senza paga. Nadia Eweida è una signora inglese 55enne di buone maniere e dall’aspetto inoffensivo che fa l’impiegata in uno dei tanti check-in dell’aeroporto londinese di Heathrow. Sul lavoro non ha mai dato problemi, eppure la British Airways ha improvvisamente deciso di sospenderla perché – rifiutandosi di nascondere quel semplicissimo ciondolo che portava appeso al collo – avrebbe infranto le regole sul codice d’abbigliamento imposto dalla società, che non permette ai suoi dipendenti d’indossare gioielli visibili quando sono in servizio. Peccato che secondo Nadia quella croce non fosse un gioiello, bensì un simbolo della sua fede religiosa.
La signora Eweida ha un padre egiziano e una madre inglese, ma è una fervente cristiana e ha sempre sostenuto il suo diritto a palesare il proprio credo, come peraltro possono fare i musulmani o gli indiani Sikh. Come ha spiegato ieri il Daily Mail, la compagnia consente a quest’ultimi d’indossare sciarpe, turbanti e bracciali, ma si è rivelata estremamente rigida nei confronti di una banale croce. E adesso, la mite signora che porta senza vanità un caschetto di capelli grigi, minaccia di trascinare in tribunale il suo datore di lavoro. La decisione di rimandarla a casa le è apparsa l’ultima della lunga serie di «follie» politically correct che recentemente hanno travolto la Gran Bretagna. E il suo caso arriva in un momento in cui il dibattito sul diritto a esprimere il proprio credo religioso è rovente. Le dichiarazioni dell’ex ministro degli esteri Jack Straw sul velo per le donne hanno diviso il mondo islamico. Raramente nel Regno Unito si assiste a episodi di forte intemperanza da parte dei fedeli cristiani nei confronti di comportamenti almeno criticabili, che pure si sono moltiplicati negli ultimi anni. Ad esempio, la decisione dell’amministrazione comunale di un distretto londinese di cambiare nome alle classiche illuminazioni natalizie perché il riferimento al Natale poteva rivelarsi offensivo per i credenti di altre fedi. Sarà quindi stata colpa del clima già arroventato o forse soltanto un fatto di pura antipatia tra lavoratori e dirigenti, ma questa volta la signora Eweida non ci ha visto più. «Non ho intenzione di nascondere la mia fede in Gesù Cristo – ha spiegato - British Airways permette ai musulmani d’indossare il turbante e ai Sikh di portare altri simboli religiosi. Soltanto a noi cristiani è vietato esprimere pubblicamente il nostro credo. Io sono una dipendente leale, ma mi batto per i diritti di tutti i cittadini». In una lettera il direttore esecutivo dell’azienda, Willie Walsh, difende la punizione: «La dipendente è stata sospesa perché non ha osservato le regole previste per l’abbigliamento». Ha anche aggiunto che, per venire incontro ad alcune richieste, erano già state approvate modifiche al regolamento che prevedeva di poter indossare gioielli se opportunamente coperti. Ma Nadia Eweida si era rifiutata di nascondere quella croce e non si pente di averlo fatto. «British Airways rifiuta di riconoscere in questo ciondolo un simbolo, anziché un oggetto decorativo e così facendo mi ha umiliato e mancato di rispetto».
La signora non si troverà da sola in tribunale contro la compagnia. Il suo caso ha ottenuto il sostegno del sindacato e una petizione a suo favore è stata già sottoscritta da 200 colleghi. Anche il rappresentante dei Liberaldemocratici di Twickenham, la frazione londinese dove risiede Nadia, la supporta.

E Patrick Sookhdeo, direttore dell’organizzazione di beneficenza Barnabas Fund ha sottolineato con tristezza: «Le discriminazioni contro i cristiani sono molto comuni nei paesi a maggioranza musulmana come quell’Egitto dove si trovano le radici familiari di Nadia. Ma adesso le stesse cose accadono sempre più spesso anche qui da noi».

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