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Hai un figlio timido? Fallo diventare Robin Hood

I creativi si sfogano con danza e tuffi. Per i piccoli perfezionisti, ideale il twirling

Eleonora Barbieri

Hai cominciato con il borsone, i pantaloncini o i fuseaux, il tutù o il costume da bagno, le scarpe e l’asciugamano. Tutto in tinta, tutto nuovo. Due o tre volte a settimana, anche in inverno, quando fa freddo e nel tardo pomeriggio, all’ora della lezione o degli allenamenti, è già buio.
Quando hai iniziato, fosse il karate o la vela, i tuoi genitori pensavano, in fondo, che saresti diventato un campione. Magari non saresti finito proprio alle Olimpiadi, ma qualche competizione nazionale sarebbe stata sicuramente alla tua portata. Un pensiero che a te, fra compagni (che diventano subito amici), sudate e litigate, non era quasi neppure venuto in mente. Il pensiero era quello di giocare: divertirti, in qualunque modo possibile. Una specie di estensione del campetto sotto casa, del cortile, della spiaggia.
Non che a sei o sette anni non ci sia competizione: un po’ d’invidia per il compagno che sembra un fuoriclasse, o per la ragazzina che è alta e snella e riesce in tutto (e magari è già il capitano della squadra, o la preferita dell’allenatore), è inevitabile. Eppure durante la partita, quando corri, quando a danza ti concentri su movimenti tanto impercettibili quanto faticosi, quando impari a tuffarti senza paura e poi a nuotare, sfidando il fiato e la tua resistenza, sei in un altro mondo. Un mondo che, per un bambino, è quasi necessario, anche se, secondo le statistiche, soltanto il 30% dei ragazzi italiani pratica regolarmente attività fisica almeno tre volte a settimana.
In parte per pigrizia, e perché lasciare il figlio a casa con un videogioco e la televisione è meno impegnativo che doverlo scarrozzare avanti e indietro dalla palestra. O, magari, perché lo sport non è quello giusto: e, se non ti piace, la piscina dove devi nuotare un pomeriggio sì e uno no, diventa un incubo, gli attrezzi una noia, la partita un mezzo supplizio. Non è soltanto questione di gusti: ci sono sport che, in alcuni casi, sono addirittura dannosi. Per chi è sovrappeso, ad esempio, quando si salta troppo, come nel basket, nella pallavolo o a cavallo, la colonna vertebrale subisce uno stress ulteriore, che risulta controproducente. Per i bimbi con troppi chili in eccesso, meglio quindi la bicicletta, così come per chi ha problemi di ginocchio valgo (in questo caso, la sella deve essere «bassa»). Al contrario, chi è particolarmente esile, se non ha problemi alla schiena può provare il canottaggio: rafforza i muscoli, la struttura e anche la fiducia in se stessi. Di solito sono i genitori a scegliere lo sport per il figlio e, non sempre, lo fanno tenendo conto delle sue passioni, o della sua indole. Eppure, in ogni disciplina, ci sono aspetti psicologici che possono essere determinanti. Tanto che si può consigliare un’attività, non soltanto per i vantaggi di tipo fisico ma, anche, per le potenzialità educative. È così che si «scoprono» sport dei quali, magari, prima ci si ricordava soltanto ogni quattro anni, quando comparivano in televisione fra le prove olimpiche. Il tiro con l’arco, ad esempio: «È l’ideale per i più timidi, che hanno bisogno in fretta di risultati, perché l’autostima spinge a continuare e a migliorare» racconta Carlo Napolitano, pediatra milanese e appassionato sportivo, autore de Lo sport giusto per il tuo bambino, edito da Sperling paperback. Il tiro con l’arco, spiega, funziona anche per chi è in «pausa forzata», come i piccoli calciatori che, magari, devono fermarsi per un periodo, perché insegna la calma, la concentrazione e la precisione: tutte doti che possono tornare molto utili, magari per tirare un rigore. La timidezza passa in secondo piano, poi, nel caso del pattinaggio, soprattutto quello a rotelle, che è meno complicato di quello su ghiaccio, ma altrettanto coinvolgente: il rischio di un tonfo a terra c’è ma, nel gruppo, fa meno paura e, anzi, diventa un divertimento. Un altro trucco per sbloccare i più timidi è tentare con lo sci nautico: l’abilità è quasi innata, visto che segue di poco i primi passi e bastano poche lezioni per svilupparla al meglio. Dall’altro lato, uno sport poco «appariscente», ma efficace per i bimbi un po’ paurosi, è il ping pong: «Può essere praticato in forma leggera o agonistica ma, in ogni caso, è impossibile non divertirsi. È come le patatine: una partita tira l’altra». Per questo è adatto anche ai pigri, che pensano soltanto al gioco, più che al movimento. Per loro sono perfetti anche il baseball, grazie ai tempi morti fra una giocata e l’altra, e la bicicletta che, con il fascino dell’autonomia garantita dal primo «mezzo di trasporto», riesce ad attrarre anche i meno attivi.
Per i più esuberanti, invece, ci sono due possibili strategie. La prima è far sfogare loro l’energia, con sport fisicamente impegnativi, come l’hockey (soprattutto su ghiaccio e su pista), in cui l’azione non conosce mai sosta. Se un ragazzino, oltre a essere sempre in movimento, è anche un po’ prepotente, le arti marziali possono essere provvidenziali, grazie al fascino, alla ritualità e al rispetto che le caratterizzano. Judo, karate e aikido, però, possono essere utili anche nel caso opposto, e regalare un po’ di grinta anche a chi è remissivo, o un po’ troppo tranquillo.
La fantasia dei bimbi creativi e originali trova spazio in discipline coreografiche come la ginnastica artistica, la danza, i tuffi, in cui sono fondamentali la cura del corpo e la componente più «solitaria». E, per i perfezionisti, c’è il twirling, che combina ginnastica, danza, acrobazie, senso musicale e utilizzo del bastone (come per le majorette).
Chi ha già un certo senso di responsabilità, è costante ed estroverso è, per natura, portato a un gioco di squadra, come la pallavolo o il basket, o più faticoso e di sacrificio, come la pallanuoto (prima dei 14 anni, poi, l’acquagol è consigliata contro l’asma) o il rugby che, nonostante le apparenze, è adatto anche a chi non abbia una corporatura imponente.
Senza dimenticare gli sport «base», quelli che, chiosa Napolitano, «dovrebbero essere materie obbligatorie di scuola»: oltre all’atletica, il nuoto, lo sci e l’equitazione. Sport ma, anche, discipline «sociali», svaghi da vacanza per i futuri adulti. Da piccoli, solo un divertimento. E la soddisfazione di raggiungere il figlio del vicino, quello che solo l’estate prima, in acqua ti sembrava un fenomeno.

Anche se, in fondo, è soltanto un gioco.

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