LondraMaggioritario secco sì, maggioritario secco no. Dopo decenni di elezioni trascorse senza scosse, adesso la Gran Bretagna inizia a fare i conti con il suo sistema elettorale. E a quanto pare, dopo il trionfale esordio televisivo del leader liberaldemocratico Nick Clegg, i conti non tornano così facilmente.
Il sistema uninominale maggioritario era infatti praticamente perfetto per un sistema bipartitico che garantiva lalternanza, ma rischia di saltare non appena nel panorama politico si fa strada il terzo incomodo, nel caso inglese quei liberal-democratici che fino a questo momento non avevano mai rappresentato un pericolo per i due principali partiti di maggioranza e opposizione.
Il 6 maggio prossimo laburisti, conservatori e liberal-democratici si contenderanno alle urne 650 collegi sullintero territorio britannico e in ognuno di essi a vincere sarà il candidato che otterrà più voti: si aggiudicherà anche un seggio in Parlamento.
Gli elettori potranno esprimere ununica preferenza. Poi a governare sarà il partito che si è aggiudicato il maggior numero di parlamentari. Fino ad ora in Inghilterra era filato tutto liscio. Il «first-past-the-post», così è chiamato questo sistema, è sempre riuscito a garantire al primo partito una maggioranza senza tentennamenti alla Camera dei Deputati, consentendo a chi vinceva le elezioni di governare senza dover scendere a compromessi.
Il tallone dAchille del maggioritario secco si scopre quando a farsi avanti è un terzo contendente. Infatti, visto che il candidato deve conquistare soltanto la maggioranza semplice, è possibile che in alcuni collegi la maggioranza delle persone abbia votato per gli altri avversari. La conseguenza diretta di tutto questo è un paradosso: un partito che in molti collegi alla fine è arrivato sempre secondo o terzo, può aver raccolto molti voti, ma pochi seggi e quindi non essere in grado di formare un governo. Quello che invece governa in una coalizione di minoranza potrebbe aver ricevuto meno voti del suo rivale. Insomma chi vince perde e chi perde alla fine rimane.
È questa la trappola in cui si trovano oggi i Tory di David Cameron, dati per vincitori ma per uno scarto di così pochi punti che sarebbero costretti a cedere ancora una volta il salotto buono di Downing Street al laburista Gordon Brown alleato per calcolo e non per principio del liberale Nick Clegg. Gli inglesi lo chiamano «hung Parliament», quel Parlamento bloccato, privo di una maggioranza assoluta che adesso, a poche settimane dal voto, sembra essere diventato la prospettiva più credibile.
A volerlo sono, secondo i sondaggi, soprattutto gli elettori. Un 32 per cento dei votanti ci spera proprio, come ha spiegato giorni fa il sondaggista dellex premier Tony Blair. Peccato che il risultato rischia di essere lingovernabilità quasi assoluta.
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