Roma -Il movimento di resistenza
islamica Hamas nel tentativo di uscire dall’isolamento in cui si è cacciato dopo il golpe a Gaza nel giugno
scorso, vuole fare la pace con Abu Mazen. E per farlo il suo leader indiscusso Khaled Meshaal si è
rivolto all’Arabia Saudita proponendo al governo di Riad di far valere il suo «peso internazionale», per
una riconciliazione inter-palestinese. A rivelarlo al quotidiano panarabo al Sharq al Awsat stamani è
l’importante esponete di Hamas Hussein Abu Kuoiyek.
Secondo quanto riferisce il quotidiano arabo, il capo dell’ufficio politico di Hamas, Meshaal si è recato a
Riad ed ha avuto colloqui con il vertice saudita, definiti da Kuoiyeh «molto importanti» per la ripresa del
dialogo con al Fatah. Il capo di Hamas avrebbe espresso «come segnale di buona volontà», la
disponibilità del suo movimento di «restituire al presidente Abu Mazen, le strutture degli appartati di
sicurezza e la sua sede nella striscia» oltre alla disponibilità di «formare un governo centrale in
Cisgiordania e Gaza».
Fonti diplomatiche, contattate a Damasco da al Sharq al Awsat avrebbero osservato che la visita in
Arabia saudita di una delegazione palestinese rientri nell’ambito dei tentativi dei paesi arabi di porre fine
alle divisioni palestinesi prima di intraprendere «trattative serie con gli israeliani». Le stesse fonti
avrebbero legato la visita a Riad al «raffreddamento dei rapporti tra l’Iran e le fazioni politiche
palestinesi» con sede a Damasco, «dopo il declino» degli esponenti delle fazioni «dei ripetuti inviti»
degli ayatollah sciiti di tenere a Teheran «un contro vertice al summit di Annapolis».
Lo stesso quotidiano ricorda che il ministro degli Esteri egiziano Abu al Gheith ha annunciato il
prossimo invio a Teheran di un funzionario per discutere di «relazioni bilaterali». Da quando hanno rotto i
rapporti diplomatici nel 1980, la visita annunciata sarebbe la prima di un esponente del governo del cairo
in Iran.
Raid israeliano a Gaza: 5 morti Almeno cinque miliziani della Jihad Islamica sono rimasti uccisi in seguito a un’incursione nel settore
sud della Striscia di Gaza da parte di mezzi corazzati israeliani, penetrati nell’enclave di Rafah, all’altezza del valico
di confine di Sufa e spintisi in territorio palestinese per circa due chilometri. Stando a fonti ospedaliere locali,
l’arrivo della colonna militare ha provocato la reazione dei militanti radicali locali, innescando scontri
durante i quali i tre estremisti sono rimasti uccisi. Due soldati dello Stato ebraico hanno subito lievi lesioni
allorchè un razzo anti-carro ha colpito il loro veicolo, esplodendo.
A detta di testimoni oculari, gli occupanti
erano appoggiati da almeno una trentina tra carri armati e autoblindo; in Israele una portavoce dell’Esercito
ha confermato l’operazione, definendola peraltro di routine, ma ha ridimensionato a un terzo di quanto
denunciato il numero dei blindati effettivamente impiegati.