Handke: «Grass, una vergogna per tutti gli scrittori»

«È la vergogna degli scrittori», accusa Peter Handke dalle colonne del settimanale austriaco News, rivolgendosi al collega Gunter Grass. «Da lui niente viene dal profondo: perfino il suo outing, come si chiama oggi, è pieno di sè, come accade da 50 anni: cattivo, presuntuoso formalismo. Parafrasando il titolo di Cent’anni di solitudine si potrebbe dire Cinquant’anni di presuzione».
È l’ultimo capitolo, in ordine di tempo, di una serie di accuse rivolte al premio Nobel tedesco dopo la sua tardiva confessione di giovanile appartenenza alle Waffen-SS. Ma stavolta le dure parole vengono da uno scrittore e drammaturgo appena sceso dal banco degli imputati per una vicenda che ha molto in comune con quella di Grass. Proprio Peter Handke infatti, dopo che si era recato il 18 marzo scorso al funerale del leader serbo Slobodan Milosevic, era stato al centro di infinite polemiche, cui aveva risposto con un lungo articolo per Libération (l’austriaco Handke vive a Parigi), in cui diceva tra l’altro: «Ascoltiamoci finalmente gli uni e gli altri invece di urlare e abbaiare da due campi nemici. Non tolleriamo più quanti lanciano parole-proiettili come «revisionismo», «apartheid», «Hitler», «dittatura sanguinaria», ecc.

Smettiamola di paragonare Slobodan Milosevic a Hitler».
Secondo Handke, anche la scusa della giovane età di Grass non regge: ha agito «in modo consapevole e non secondo le circostanze», questa è una «colpa eterna di una persona indegna».

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