da Estoril
Un epilogo incredibile, grottesco, paradossale. Ma, a pensarci bene, non del tutto inaspettato. Dopo le prove, con Rossi primo, Edwards secondo, Hayden terzo e Pedrosa quarto era chiaro a tutti che il gioco di squadra avrebbe potuto avere un ruolo fondamentale. Solo i responsabili della HRC non l'hanno capito e l'unica raccomandazione fatta ai due piloti era stata di non stare troppo vicini in gara. Un consiglio che i due si sono guardati bene dal rispettare e già al quarto giro, ovvero il passaggio precedente al harakiri, Hayden e Pedrosa hanno rischiato di toccarsi, quando Nicky ha passato deciso Daniel. Un sorpasso comunque pulito, che non avrebbe dovuto essere replicato, specie nelle fasi iniziali di una corsa tanto importante per il titolo. Ma all'interno del box della HRC ci sono bravi ingegneri, validi tecnici, ma nessun direttore sportivo. Inevitabile, quindi, che i due galli nel pollaio fossero liberi di scannarsi a piacimento. Ecco quindi che l'abbattimento di Hayden da parte di Pedrosa è sì figlio di un errore del pilota spagnolo, ma anche di una assoluta mancanza di strategia dentro al box più importante della più grande Casa motociclistica del mondo.
«Non so cosa dire - dice Hayden con il groppo in gola, quasi incapace di trattenere le lacrime -. Sapevo che Pedrosa non mi avrebbe aiutato a vincere, come ha fatto Edwards con Rossi, ma non pensavo nemmeno che mi avrebbe buttato a terra». Un altro, probabilmente, avrebbe fatto il diavolo a quattro, avrebbe distrutto a parole, e forse non solo, il compagno di squadra. Ma Nicky è un signore vero, il prototipo dello sportivo americano, addirittura commovente nel suo modo di affrontare la situazione. «È chiaro che Pedrosa non l'ha fatto apposta, si è perfino rotto un dito (il mignolo sinistro, ndr) nella caduta ed è venuto a chiedermi scusa nel motorhome. So benissimo che queste cose nelle corse possono succedere, ma la realtà è che non dovrebbero accadere. Poteva essere l'occasione della mia vita, non so se ce ne sarà un'altra». La matematica gli lascia ancora uno spiraglio, ma in un momento così difficile è impossibile essere ottimisti. «Sono stato in testa per gran parte del campionato e adesso mi ritrovo a otto punti da Rossi: a lui basterà arrivarmi alle spalle per conquistare il mondiale. È davvero una cosa incredibile, perché su una pista per me solitamente ostica ho dimostrato di essere veloce. Tutto stava funzionando per il meglio, mi preparavo a superare Edwards e a inseguire Valentino, quando Pedrosa mi ha tirato giù».
Pochi metri più in là, il compagno di squadra, il pilota considerato dalla Honda come il fenomeno in grado di battere Rossi, spiega la sua versione dei fatti. «Sto male per me - dice -, per la Honda, per il mio team e per Hayden. In sei anni di mondiale non mi era mai capitato di toccare un altro pilota, né in gara né in prova ed è incredibile che sia successo con il mio compagno di squadra in un momento così delicato. Ho sbagliato, ma la verità è che non volevo superarlo in quel punto: quando ho frenato si è sollevata la ruota posteriore e quando ha ritoccato l'asfalto, la moto ha preso velocità: sono finito sul cordolo e sono scivolato».
Il clima dentro all'hospitality della Honda è rovente, i due piloti si ignorano, ma nessun responsabile giapponese è presente, parla attraverso un comunicato il team manager Tanaka.
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