Heidi Oprandi salva l’Italia, ma... «Torno svizzera»

Siccome il 2011 del tennis si era chiuso con toni trionfalistici, è già l’ora di far di conto. «Vogliamo diventare il primo sport dopo il calcio - diceva il presidente federale Binaghi a Natale alla presenza del capo del Coni Petrucci - e vogliamo vincere una medaglia alle Olimpiadi». Intento nobile, in verità, ma se è vero che lo sport delle racchette si misura a colpi di Slam, arrivati al 17 di gennaio c’è qualcosa che già stona. E non è detto che svegliandoci questa mattina, la situazione non sia diventata pure peggio.
In pratica: agli Australian Open avevamo presentato dieci tennisti - tra maschi e femmine - alle qualificazioni e da qui in tabellone ne è arrivato solo uno. Successivamente i sette uomini al via ieri erano già spariti tutti, mentre le ragazze hanno perso le big Pennetta e Schiavone e di giovedì - con Vinci ed Errani in programma nella nostra nottata - si contava per il terzo turno solo Romina Oprandi. E qui casca l’asino.
Perché la ragazza, che ha eliminato proprio la Schiavone autrice - parole sue - «del peggior Slam della carriera», italiana lo è solo grazie a un papà bergamasco trasferitosi tanti anni fa in Svizzera. Dov’è nata, cresciuta e ha cominciato a fare la tennista, solo dopo che il padre - ex calciatore - si era rassegnato a non vederla in mutandoni e scarpini a inseguire un pallone. Una specie di Heidi in carne, ossa e piercing, che a quasi 26 anni vede concretizzarsi i sacrifici di una carriera che sembrava finita già più volte, tra operazioni alla spalla (due) e rotture di legamenti (uno, quello del ginocchio destro). Poi lei, da buona Svizzera (che però in gioventù non l’aveva trattata bene e da qui la decisione di diventare azzurra), ha deciso di ributtarsi nella mischia e al grido di «non vivo di sogni ma alla giornata» rieccola qui a difendere il nostro onore. Ancora per poco però, e questo è l’asino che casca. Perché al sito Ubitennis ieri Romina ha rivelato di essere in procinto di ripassare la frontiera: «Gli svizzeri mi avevano già chiesto un anno fa di tornare, ma io ero felice di giocare per l’Italia. A dicembre però mi hanno offerto soldi, viaggi, attenzioni e contro la Schiavone a vedermi c’era il ct Heinz Gunthardt. Invece Barazzutti e tutti gli italiani erano dietro a Francesca».

Morale della favola: se è vero che gli uomini sono tornati nella serie A della Davis e le donne sono le nostre campionesse del mondo per definizione, all’improvviso scopriamo che dietro Schiavone (31 anni), Pennetta (quasi 30) e Vinci (quasi 29) resta solo la Errani (numero 48 del mondo). Per carità, poi ci sono le Olimpiadi.

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