«Cari carabinieri come state? Ma so che state bene. Io no, ho paura che mi mandino da qualche parte. Ho sentito che la mia mamma diceva a mio papà: “Io convincerò Hina ad andare in Pakistan e se non vorrà inventiamo un piano tutti assieme”. Ma non so quale. So solo che mi faranno del male...».
Inizia così il docu-racconto, intenso come un romanzo, firmato da Giommaria Monti e Marco Ventura intitolato Hina. Questa è la mia vita (Piemme, pagg. 304, euro 16). Inizia con le parole di Hina Saleem, la ragazza pakistana che venne macellata con più di venti colpi di arma da taglio dal padre, aiutato dai mariti delle sue sorelle, che poi nascosero il corpo anche con la collaborazione dello zio, Muhammad Tariq.
Il libro, infatti, racconta utilizzando tutta la documentazione disponibile il calvario di questa giovane (culminato nella tremenda nottata dell’11 agosto 2006) che voleva solo vivere come tutte le altre ragazze italiane e non voleva più subire una famiglia oppressiva e men che meno essere rispedita in Pakistan. Ma questa narrazione condotta con prosa asciutta ma appassionata non si limita alla storia del delitto alla ricostruzione dell’omicidio. Fa conoscere da vicino, attraverso la rielaborazione di tantissime testimonianze di chi l’ha conosciuta, la ragazza che per anni ha cercato di costruirsi una vita normale, di tenersi il bello della sua cultura aggiungendoci il senso della libertà dell’Occidente. Per usare di nuovo le sue parole: «Credo in Allah, sono musulmana ma non sono più pakistana... Sono italiana».
La parte più straziante, conoscendo i tremendi esiti della vicenda, è il disperato tentativo di Hina di denunciare la sua situazione, a partire dal 2003.
Si era più volte rivolta ai carabinieri e ai magistrati ma alla fine aveva ritirato le denunce. Non ce la fece a sostenere le accuse sino all’ultimo e forse la nostra giustizia non fu abbastanza attenta nell’aiutarla a farlo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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