Gli altri si stringono, stanno sulla difensiva. In attesa di momenti migliori. Loro non licenziano, assumono. E grazie alla crisi, incamerano utili, pensano ad espandersi. Pensano positivo. Loro sono gli svedesi di H&M, lIkea dellabbigliamento, marchio sempre più familiare ai consumatori ai tempi del colera finanziario. Nel collettivo stringer di cinghia, H&M si allarga facendo leva su una filosofia produttiva e commerciale vincente: t-shirt a 10 euro, camicette a 20, giacche che a malapena arrivano a sfiorare il biglietto da cinquanta. Capi rigorosamente low cost, dal look modaiolo, ma ad alto, altissimo profitto: 1,44 miliardi di euro gli utili 2008, oltre il 12% in più dellanno prima. E volumi di vendita da capogiro, con 8,3 miliardi di fatturato.
Solo merito della crisi che morde i portafogli, attacca la fiducia anche dei più incalliti consumisti, induce a limitare lo shopping? Non solo. Negli ultimi cinque anni, le vendite di questo gruppo fondato nel 1947 da Erling Persson sono aumentate del 73% e gli utili per azione hanno avuto unimpennata del 140%. Alla Borsa di Stoccolma, non a caso, H&M ha strappato a un totem nazionale come Ericsson il primato della capitalizzazione.
I punti vendita, rigorosamente monomarca, sono un migliaio, sparsi in 33 Paesi. Danno lavoro a 73mila persone. Lobiettivo del gruppo scandinavo è quello di arrivare a quota 80mila circa entro la fine dellanno. «Le prospettive di espansione e le opportunità di sviluppo - ha spiegato H&M in una nota - restano positive e la società ha intenzione di assumere tra i 6mila e i 7mila nuovi lavoratori nel 2009». Con le cattive notizie sul fronte delloccupazione che rimbalzano da ogni parte del mondo, questa è decisamente in controtendenza.
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