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«Ho imparato a correre veloce per schivare le pallottole»

nostro inviato ad Appiano Gentile

Banlieu di Parigi in un pomeriggio piovoso del 27 ottobre di cinque anni fa. Un gruppo di adolescenti vengono sorpresi e poi inseguiti da due poliziotti in un cantiere a Clichy sous Bois. Tre di loro si rifugiano in una centralina elettrica dopo aver scavalcato il muro di cinta, Bouna di 15 anni e Zyed di 17 muoiono fulminati sul colpo, Muhitin è con loro, si salva e lancia l’allarme. La notizia si diffonde rapidamente, la periferia parigina brucia, quattro settimane di scontri, assaliti i comandi polizia, bruciate scuole e moschee, migliaia di fermi, una donna viene cosparsa di benzina e data alle fiamme, un uomo muore per le botte subite, a Montfermeil, Sevran, Aulnay sous Bois, Bondy, Hauts de Seine, Neuilly sur Marne, Yvelines e a Le Blanc Mesnil viene imposto il coprifuoco ai minori di 15 anni dall’una di notte all’alba. Le Blanc Mesnil è un quartiere a quaranta minuti di autobus da Parigi, Jonathan Ludovic Biabiany è nato e vive lì con i genitori e tre fratelli, lui ha già 17 anni, e poi lui gioca a pallone, è quasi salvo.
«Un quartiere difficile, lo era ed è rimasto un quartiere difficile. Lì si spara. Il calcio ci teneva lontano dalla violenza ma ricordo che giocavamo a pallone e sentivamo i sibili dei proiettili, dopo un po’ non ci facevi più caso».
Meno male che c’era un pallone...
«Ma io non ero neanche un appassionato, le partite in televisione non le guardavo proprio, però tutti i miei amici giocavano a calcio e così è finita che mi sono messo a giocare anch’io, altrimenti cosa facevo?».
Meglio correre dietro a un pallone che scansare le pallottole...
«Prima ho cercato di capire di cosa si trattava, poi mi sono accorto che tutti volevano giocare all’attacco, non c’era posto, se volevi entrare in una squadra dovevi schierarti in porta».
E così come è andata?
«Che ho iniziato in porta ma col pallone mi sono accorto subito che ci sapevo fare. Così mi mettevo i guanti da portiere ma quando mi tiravano in porta mettevo giù la palla, iniziavo a scartare tutti e andavo all’attacco».
Chissà come erano tutti contenti a vedere il loro portiere in dribbling...
«L’allenatore prima si arrabbiava sempre ma poi aveva capito che ero molto meglio fuori. Così mi ha schierato terzino e giocavo proprio in quel ruolo il giorno che è arrivato il signor Pierluigi Casiraghi, responsabile del settore giovanile dell’Inter».
Casiraghi nelle banlieu?
«Sì, era venuto a vedere una partita di campionato, io giocavo terzino destro nel Le Blanc Mesnil Sf, dopo il primo tempo perdevamo 4-0».
Pesante...
«Scendo nello spogliatoio e sento che i dirigenti parlano di questo signor Casiraghi dell’Inter, dicono che è venuto per vedere Lumbilla e Belaid, io non c’entravo niente. Ma mi seccava che ci vedesse perdere così, allora ho chiesto di giocare all’attacco, l’allenatore mi accontenta e alla fine vinciamo 6-4, con quattro gol miei».
Un trionfo...
«Mannò, il signor Casiraghi se n’era andato alla fine del primo tempo, non aveva visto neanche un mio gol, ma ero felice per la vittoria, davvero una gran bella rimonta».
Lei allora è proprio un predestinato!
«Che ne so, due settimane dopo ero all’Inter a fare un provino con gli Allievi, avevo diciotto anni, mi sembrava tutto così impossibile e invece ero lì».
Quattro anni dopo c’è tornato, prima squadra dei campioni d’Europa...
«Volevo l’Inter, volevo giocare e voglio vincere. Adesso gioco trequartista ma sono meglio come seconda punta, segno più gol».
Secondo lei cosa ha convinto l’Inter a portarla in prima squadra?
«Sono maturato, prima prendevo il pallone e abbassavo la testa, quando la alzavo era troppo tardi e non sapevo mai a chi darla. Chievo, Modena, Parma, mi ha fatto bene fare la trafila in queste grandi squadre».
Ma questa storia della sua velocità, come si spiega?
Dicono che solo Cristiano Ronaldo, Robben e Van Persie siano più veloci di me. Mi hanno attribuito un tempo di 10”3 sui cento metri ma io mica me ne sono mai accorto che mi cronometravano. Mi avranno messo nel corpo un microchip a mia insaputa.

Però credo che il calciatore moderno debba essere veloce di testa, questa è una vera qualità».
Però essere il calciatore più veloce della serie A è una bella credenziale...
«Magari è tutto merito delle pallottole a Le Blanc Mesnil, da quelle parti bisogna essere veloci».

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