Mentre sul ghiacciaio di Sölden i gigantisti venivano inghiottiti dalla nebbia, annullata la prima gara della stagione, l'uomo che otto mesi fa salvò la spedizione italiana ai Giochi di Vancouver, Giuliano Razzoli, stava a casa sua, a Razzolo di Villa Minozzo, provincia di Reggio Emilia. Un infortunio alla mano sinistra gli ha fatto perdere quasi un mese di lavoro, ma Giuliano è abituato a subire intoppi: «Meno male che la stagione iniziava con un gigante, così ho avuto più tempo per recuperare prima del mio esordio a Levi, metà novembre: ci arriverò pronto».
In attesa di rivederlo scaricare sul dolce pendio finlandese tutta la sua potenza, facciamo un passo indietro, alla primavera, per Razzoli un tour de force fra premiazioni, feste, tappeti rossi e tribune televisive.
Dopo i titoli olimpici di Calgary, Alberto Tomba bruciò energie nel rispondere presente a tutti gli inviti, è successo lo stesso a Razzoli?
«No, anche perché ho davvero selezionato gli impegni. Quelli con Coni, Fisi, Esercito e sponsor erano un dovere, ho fatto qualcosa anche per beneficenza, altro tempo non restava. Per non perdere gli allenamenti ho rinunciato alle vacanze e questo è stato il rovescio della medaglia, al mare sono stato due giorni e ho fatto solo un bagno, una vergogna, lo so, ma bisogna andare avanti, migliorare, crescere, ho vinto l'Olimpiade, ma non voglio certo fermarmi qui».
Prossimo traguardo?
«La coppa del mondo di slalom e per vincerla dovrò ragionare un po' di più. Sono sempre stato uno da o la va o la spacca, ma se vorrò portare a casa punti per la classifica ogni tanto dovrò fare due conti. Se sarò al 100% della forma darò il 100%, ma se un certo giorno sentirò di essere solo all'80 cercherò di limitare i danni. Lo slalom è un gioco ad alto rischio, basta un nulla per essere fuori e a volte bisogna anche sapersi accontentare. Ho lavorato per diventare più regolare, ma devo confessare che non mi piace tanto l'idea, dai, se sai che puoi vincere come fai a controllarti? Molto dipenderà dalla forma fisica, l'anno scorso avevo programmato di essere al top il giorno dell'Olimpiade, per la coppa non sarà così semplice, se qualcosa va storto a gennaio, 5 slalom in programma, addio sogni».
Per i Mondiali di Garmisch allora non puntiamo su Razzoli?
«Ho già vinto la medaglia più importante, i Mondiali sono Mondiali, ma fra coppa e medaglia scelgo la coppa. In realtà però proverò a vincere tutto!»
Cosa le ha lasciato l'oro olimpico?
«Una vita nuova, molto più intensa e piena di impegni, ma anche tanto orgoglio. Ogni volta che riguardo quella gara mi emoziono e mi dico bravo da solo».
Lo sa che ora avrà molte più pressioni sulle spalle?
«Sì e non mi dispiace perché vuol dire che ho fatto qualcosa di importante».
Eventi estivi da non dimenticare?
«La conquista del Premio internazionale Cio e poi, sempre a Roma, le celebrazioni per i 50 anni dei Giochi del 1960, dove oltre a ricevere dal presidente della Repubblica l'onorificenza di commendatore ho conosciuto tantissimi campioni olimpici, anche del passato. Alcuni li avevo visti vincere in televisione, tanti avevano visto me, ho incontrato per la prima volta Deborah Compagnoni, mi ha fatto piacere, mi ha colpito come persona. Un'altra campionessa che mi è piaciuta è Valentina Vezzali, molto simpatica e davvero in gamba come atleta e come donna».
Avrà conosciuto anche veline e bellezze varie
come va la vita privata?
«Un'altra domanda, per favore».
Chi è la più carina del circuito?
(Ci pensa un bel po') «Forse Tina Maze? Perché dire la Vonn sarebbe scontato».
Per conquistare una donna che fa?
«Sono abbastanza all'antica, del genere galante, fiori, regali, inviti a cena Non sono timido, piuttosto cerco di essere simpatico e affabile».
E papà Antonio che previsioni fa per la stagione?
«Bisognerebbe chiederlo a lui, ma di sicuro dirà che vincerò quattro o cinque gare! Papà non ha mai sbagliato, ma devo tenerlo a freno, perché parla troppo!».
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