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"Ho vinto tantissimo ma Coppi è leggenda"

Intervista a Eddy Merckx: "Perché fare solo un confronto tra me e Fausto? E allora Bartali? Ma non dite che non avevo rivali. Le vittorie di Coppi erano da romanzo, le mie da cronaca"

"Ho vinto tantissimo ma Coppi è leggenda"

Di Fausto Coppi sa tutto: chi è stato, cosa ha fatto e come è finita. Quando il Campionissimo “chiuse le ali” Eddy Merckx non aveva ancora compiuto quindici anni. «La notizia girò il mondo e anche in Belgio se ne parlò moltissimo. Io devo essere sincero, fino a quel tragico epilogo sapevo davvero poco ­ ci racconta il corridore più vincente di tutti i tempi -, però da quel drammatico 2 gennaio 1960 ho cominciato a leggere tutto sulla sua vita di corridore e di uomo. Coppi è stato davvero un corridore immenso, di primissima grandezza».

Parlare di Fausto Coppi con Eddy Merckx fa un certo effetto, soprattutto se il Cannibale si trova a dover fare un confronto diretto con il Campionissimo. L’uomo super del ciclismo mondiale, il corridore più prolifico della storia delle due ruote, l’atleta che dal ’65 al ’78 ha fatto della vittoria il suo principale credo, questa volta non ci sta: «Io più forte di Fausto Coppi? No, non scherziamo. Questi paragoni sono davvero improponibili da fare e soprattutto sbagliati. Ognuno di noi è il più bravo nel proprio periodo. Io penso di essere stato molto bravo nel mio, mentre Coppi lo è stato certamente nel suo».

Ci sono però tanti sportivi che dicono che la grandezza di Coppi è data dal mondo in cui vinceva, dagli avversari che si è trovato ad affrontare e alla guerra che penalizzò gran parte della sua carriera...
«Ognuno può pensarla come vuole e io accetto tutto, meno una cosa però: i miei avversari sono stati davvero grandi. Se la generazione di Coppi è stata molto prolifica, la mia non è stata da meno. Coppi ha senz’altro dovuto lottare con Bartali, Magni, Kubler, Koblet, Bobet, Robic, Van Steenbergen, Ockers o Geminiani, ma il sottoscritto si è trovato a duellare con gente del calibro di Gimondi, Poulidor, De Vlaeminck, Ocaña, Thevenet, Zoetemelk, Van Impe, Agostinho, Galdos, per non dire Adorni, Motta, Zilioli e via di questo passo. Coppi vinse alla Coppi. Merckx vinse alla Merckx. La verità è che poi ognuno di noi sceglie con irrazionalità, seguendo il cuore. Coppi probabilmente ha fatto sognare più del sottoscritto. Le vittorie di Coppi sono diventate romanzo, le mie cronaca».

Insomma, lei non si sente più forte di Coppi?
«Io non me la sento di fare questo tipo di confronti. Diciamo che non mi sento inferiore, so di aver fatto grandi cose nel mondo del ciclismo, ma so anche che quello che mi proponete è soprattutto un gioco che piace agli sportivi e che solletica voi giornalisti. Coppi è là in cima, io ho il mio posto, mettetemi dove volete, non spetta a me dirlo. In ogni caso i problemi sorgono non solo se ci si chiede chi sia stato più bravo tra me e Coppi, ma tra il Campionissimo e Bartali».

Ecco, per lei è stato più grande Coppi o Bartali?
«Per me Coppi, ma Bartali è stato un mostro di bravura. E se mi permettete, Fiorenzo Magni, in mezzo a quei due lì, non è stato poi così da buttare via. E di Luison Bobet, che dire? E lo stesso vale per la mia generazione. Se si valutano i numeri, credo che ci sia poco da ragionare, sono lì da vedere: ho vinto come nessun altro. Ma credete davvero che Felice Gimondi sia stato semplicemente il primo dei battuti? No, Felice è stato molto più grande di quanto voi italiani pensiate. So solo io la fatica che ho dovuto fare per togliermelo di ruota, anche se quando lo incontro ancora oggi Felice mi dice scherzoso: “mi hai fatto sputare il sangue, non mi sono ripreso ancora adesso”».

Del ciclismo di Coppi cosa la colpisce?
«Le strade, l’audacia, l’epica, che il mio ciclismo non ha mai avuto, per via della tivù che ha cominciato a far vedere le corse e le immagini, si sa, atrofizzano la fantasia.

Coppi però, anche da pareri qualificati, ha avuto anche il grande merito di traghettare il ciclismo verso la modernità. E poi giratela come volete, ma la grandezza di Coppi sta tutta nella sua assenza. Uno come Coppi manca». Almeno da cinquant’anni.

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