Hollywood la fabbrica dei sogni riscalda la minestra e dice che è il piatto del giorno. Sempre più spesso, infatti, gli studi americani prendono un buon film europeo e ne fanno un remake, come se gli hollywooditi non avessero uno straccio didea originale. È la crisi, bellezza: meglio andare sul sicuro. E il franchising rende, a patto di cambiare qualcosina qua e là, seguendo lo spirito del momento e il colore locale. Al momento, sui nostri schermi campeggiano Stanno tutti bene di Kirk Jones (con De Niro nel ruolo che fu di Mastroianni), remake dell'omonimo film di Giuseppe Tornatore e A cena con un cretino di Jay Roach, da La cena dei cretini di Francis Weber. Cè poi aspettativa per il thriller romantico The Tourist di Florian Henckel von Donnersmarck (premio Oscar per Le vite degli altri), tanto che la 01 ne anticipa l'uscita in sala al 15 dicembre. Dato il cast, con Angelina Jolie nel ruolo dun agente in gonnella e Johnny Depp in quello duna pedina di lei, il pubblico è incuriosito. Magari ignora che la farina viene dal sacco francese di Anthony Zimmer (2005), commedia rosa-nera di Jérome Salle, con Sohpie Marceau starring la detective carina, che manipola gli altri.
I diritti per la licenza dun film europeo normalmente costano cari, però servono ad attrarre le masse. Lo sa bene la Sony, che s'è svenata per comprare il copyright della trilogia Millennium. A dirigere la versione yankee della saga scandinava ideata da Stieg Larsson, con al centro la hacker Lisbeth Salander (Noomi Rapace, satura del ruolo per sua stessa ammissione), interverrà David Fincher, ora sugli scudi con The Social Network, dedicato alla genesi di Facebook. Naturalmente, Lisbeth (qui Rooney Mara, anche nel cast della pellicola su Facebook) non si aggirerà sulle spiagge della California, anche se latletico Daniel Craig, ingaggiato per la parte del giornalista Mikael Blomkvist, la inseguirebbe pure lì, disoccupato come rischiava di restare, dopo la cancellazione dell'ennesimo 007. Qualche concessione alle nevi del nord Europa verrà lasciata, il resto si vedrà. Il Vecchio Continente sarà pure alla frutta, ma allora perché Vanilla Sky (2001) di Cameron Crowe ha pescato dal sapido piatto spagnolo di Abre los ojos (Apri gli occhi,1997), diretto da Alejandro Amenàbar? Siccome il remake ha le sue regole, la storia del giovane miliardario (Tom Cruise) accusato di omicidio ebbe successo anche perché la Paramount, alla faccia degli elementi fantastici previsti da Amenàbar, confermò la mora Penelope Cruz del cast iberico, a contrastare la bionda Cameron Diaz in un thriller dimpronta europea (a partire dal titolo, allusivo del colore del cielo in un quadro di Monet). Sarà perché negli studi di Los Angeles saggirano sceneggiatori, figli di ebrei tedeschi scappati dalla Germania di Hitler, gente quindi abituata a leggere anche nella lingua di Goethe, che Genitori in trappola (1998), delizioso film per famiglie che lanciò Lindsay Lohan - non ancora schiava della droga - discende dal romanzo per bambini Das doppelte Lottchen di Erich Kaestner. Il racconto, popolare nella Germania degli anni Cinquanta, aveva già avuto una versione teatrale sotto il regime nazista. Piacevano e piacciono le protagoniste gemelline, che fanno di tutto per rimettere insieme i genitori divisi, come evidenzia lincasso Usa dellepoca: 66 milioni di dollari. E i tedeschi piacciono agli americani, se Il cielo sopra Berlino (1988) del berlinese Wim Wenders è stato trasposto in City of Angels (1998) di Brad Silberling, con langelo Seth (Nicolas Cage), che sinnamora della cardiologa Maggie (Meg Ryan), desiderando quindi di diventare mortale, proprio come nel film wendersiano bramava l'angelo Damian (Bruno Ganz), cotto d'una trapezista... Non potendo filmare Potsdamer Platz e il Muro di Berlino, luoghi di potente radianza scenica, Silberling si concentrò sulla storia damore. Quando ancora faceva ridere lidea che un bambino potesse essere allevato da un trio di maschi, la francese Coline Serreau nel 1985 fece bingo con Tre uomini e una culla (da noi uscì nel 1988), così un paio danni dopo Steve Guttenberg, Tom Selleck e Ted Danson incarnavano altrettanti paparini alle prese con un neonato, «ereditato» da un'amica in Three man and a baby di Leonard Nimoy.
La fabbrica hollywoodiana dei sogni, insomma, cadrebbe come lo stemma del Congresso dal pulpito di Obama, senza i brevetti europei. Ma questa è una storia infinita. Come il fantasy tratto dal romanzo di Michael Ende, blockbuster di Wolfgang Petersen: due tedeschi e un olandese per La storia infinita, nel 1984 campione d'incassi.
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