Controcultura

"House of Cards" senza Frank ha perso il jolly

House of cards, serie tv prodotta da Netflix
House of cards, serie tv prodotta da Netflix

Quando venne trasmessa la prima stagione di House of Cards era il febbraio 2013. Il mondo e l'America erano molto diversi da oggi, Barack Obama attraversava il suo secondo mandato presidenziale, primo nero a guidare gli Stati Uniti, e già si ipotizzava che al suo posto sarebbe giunta la prima donna, nonché la prima moglie di un «past President», dopo che in passato ci fu un passaggio di consegne da padre a figlio, testimonianza dell'immenso potere familistico che vige oltre Oceano. Non è andata così e dunque ci ha pensato la finzione a regalarci Claire Underwood al posto del marito Frank, dopo una lunga lotta intestina, senza esclusione di colpi, per la conquista del potere, in un'America cinica, spietata, affarista e corrotta. Una finzione che, peraltro, ha dovuto fare da stampella alla realtà. Travolto da un vero scandalo sessuale, l'attore Kevin Spacey è stato «eliminato» dalla sesta stagione del lungo serial, decretandone così la fine definitiva. Scomparso dalla scena, ne resta però il fantasma e la sua continua evocazione, paradossalmente, rende ancor più protagonista il leggendario Frank «Francis» Underwood.

Senza di lui, senza la sua maschera, senza quei segni dell'invecchiamento che il potere accelera, i capelli grigi, le rughe, House of Cards è davvero poca cosa. E non basta che Claire, la bravissima Robin Wright, ne riprenda l'abitudine di guardare in macchina, rivolgendosi direttamente agli spettatori come in un dramma shakespeariano. Vestita da tailleur in stile Condoleezza Rice, la nuova presidente Usa è attraversata da dubbi, ripensamenti, inseguita dalle ossessioni, si interroga sulla sua reale capacità di occupare la poltrona di persona più potente del mondo. Nel secondo episodio c'è un passaggio chiave che spiega la situazione: in un drammatico confronto con il vicepresidente, Claire si accorge di essere tenuta sotto scacco soprattutto perché donna. A un uomo certe osservazioni si fanno ben più raramente.

Per l'ultima volta, dopo oltre settanta ore di film, gli intrighi si complicano dalla sfera politica a quella personale. House of Cards si conferma una serie prevalentemente statica, rinchiusa in claustrofobici ambienti chiari, dallo stile neoclassico, in cui assistiamo a un continuo andirivieni di personaggi. La sua forza (e il suo limite) sta nei dialoghi, molto intricati, che spiegano i rapporti tra Claire e gli altri. Conseguenza di una vita passata nel ruolo di moglie, nella sesta stagione si trova improvvisamente al centro della scena: fascino e carisma non le mancano. Basteranno? Cosa ci riserva il finale?

House of Cards dunque ci lascia. Se ne va una serie mitica, che ha fatto scuola, uccisa dalla necessità di far fuori il vecchio Frank per ragioni di opportunità.

Trovarne un'altra così complessa, così dentro i meccanici della politica, così avvincente e machiavellica, non sarà affatto facile.

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