Roma La «quadra», alla fine, si è trovata anche sulle pensioni.L’intervento non appare così vasto come prevedeva il testo iniziale della manovra varata lo scorso 12 agosto; ma dentro le poche righe del comunicato conclusivo del vertice di Arcore trova posto una misura importante: ai fini del pensionamento anticipato con 40 anni di contributi, non conteranno più né gli anni di studio per ottenere la laurea né il periodo trascorso sotto le armi. Siccome per il riscatto della laurea i lavoratori hanno pagato, in molti casi non poco, questi contributi figurativi ovviamente varranno per il calcolo economico della pensione.
Ma ai fini del pensionamento effettivo conteranno gli anni effettivamente lavorati, e dunque l’uscita dal lavoro avverrà più tardi. A prima vista potrebbe sembrare una norma molto parziale, e invece la sua portata è notevolissima: più o meno tutti i lavoratori maschi hanno fatto un anno di militare, e sono numerosi i dipendenti che hanno riscattato la laurea ai fini previdenziali. Il solo «effetto naja» costringerà circa 80mila persone a rinviare il pensionamento.
Il calcolo è presto fatto: nel 2010 sono usciti dal lavoro in pensione d’anzianità Inps (cioè nel solo settore privato) circa 134mila uomini, con una media d’età di 58 anni e tre mesi. La maggior parte di loro è dunque andata in pensione anticipata con i quarant’anni di contributi, ben prima di aver raggiunto il requisito anagrafico. Dunque si tratta di persone che hanno iniziato a lavorare molto presto. Se si considera l’ammontare medio di queste pensioni di anzianità (20mila euro l’anno) il risparmio per le casse statali potrebbe aggirarsi intorno al miliardo e mezzo di euro. Nei fatti è, né più né meno, un rinvio delle pensioni di anzianità. Una stretta che dovrebbe avere un impatto considerevole sui conti pubblici. «Riguarda in particolare chi ha cominciato a lavorare in giovane età, dopo il militare appunto, e vuole andare in pensione anticipata con 40anni di contributi a prescindere dall’età anagrafica », spiega Giuliano Cazzola ( Pdl), vicepresidente della commissione Lavoro della Camera.
E aggiunge: «È la misura migliore che si potesse prendere. Quella dei lavoratori con quarant’anni di contributi-osserva - è un’area critica». Cazzola non sa ancora quantificare con precisione l’impatto delle nuove misure previdenziali sulla finanza pubblica, ma ritiene che possa avvicinarsi alla cifra prevista per il «contributo di solidarietà», che è invece saltato: circa 1,2 miliardi di euro l’anno per tre anni,nell’ipotesi iniziale, o forse anche 1,5 miliardi. Il provvedimento potrebbe trovare consensi in Parlamento anche oltre i confini della maggioranza, specie nell’Udc che dall’inizio si era schierata a favore di un intervento sulle pensioni. Immediato, invece, il niet del Partito democratico. Il responsabile economico Stefano Fassina accusa il governo di voler«far cassa»con la previdenza, evitando una riforma del welfare.
Accusa risibile: i tagli di spesa per loro natura servono a far cassa, mentre le riforme dispiegano i loro effetti sul lungo periodo. A loro volta i sindacati potrebbero «digerire » una stretta previdenziale che riguarda periodi non effettivamente lavorati, ma per i quali lo Stato (nel caso del servizio militare) o gli stessi lavoratori (nel caso del riscatto della laurea) hanno versato all’Inps contributi figurativi.
È evidente che queste norme sulle pensioni sono concentrate sui maschi, ma è anche vero che riguarderanno le donne laureate. Una notazione finale: i pensionati d’anzianità con quarant’anni di contributisonoconcentratinelNordItalia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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