I balestrieri liguri: soldati speciali pagati come notai

I balestrieri liguri: soldati speciali pagati come notai

I balestrieri liguri - Nascita e tramonto di una leggendaria milizia (Ligurpress) è un libro di storia che emoziona anche chi storico non è. Non a caso, scorrendo le opere di Alberto Rosselli, l'agguerrito autore, alcune rivelano un interesse specialistico sul mondo orientale, altre attenzione alle vittime come L’Olocausto armeno, La persecuzione dei cattolici nella Spagna Repubblicana 1931-39 o la Persecuzione dei cristiani in Cina.
Il confronto con Rosselli riserva sorprese e da bravo giornalista fa concludere il libro sull'attualità. A Genova infatti esiste la Compagnia dei Balestrieri del Mandraccio con sede presso la Casa del Boia in piazza Cavour (aperta al pubblico la prima domenica di ogni mese dalle 15 alle 18,30), dove è allestito un Museo di armi e costumi. La Compagnia svolge attività rievocativa di costumi medievali, con ricostruzione di armi come la balestra ligure, con indagini e studi su testi e dipinti antichi. Nel libro, in 23 pagine di foto a colori, si ammirano cartine geografiche d'epoca, quadri medievali, riproduzioni di balestre, di cui una conservata al Museo di Crécy. È questo il luogo di una famosa battaglia della guerra dei cent’anni dove sul campo rimasero 12mila uomini, tra cui 5mila genovesi.
A Crécy nel 1346 con i suoi 6000mila balestrieri genovesi combatté al servizio di Filippo VI Aitone Doria, corsaro e signore ghibellino di Oneglia e Diano Marina, che con Stefano Doria, fuoriuscito come lui, da tempo si era messo al servizio del re di Francia, impegnato contro l'Inghilterra. Una succosa chicca è riportata in Appendice sulle gesta di Aitone, citate anno per anno. Nel 1339 (prima di Crécy) Aitone aveva concluso il servizio per mare al re di Francia: la flotta francese era stata sconfitta e il re aveva fatto trattenere il soldo agli equipaggi. La chicca è che Aitone, accusato dai suoi di malversazione, nella circostanza del «licenziarsi» dal re si riempie la stiva delle navi di pregiate lane inglesi. Insomma un ligure, abile commerciante.
La parte centrale del libro, epica e trascinante, è dedicata alla battaglia di Crécy dove 3000 inglesi con l’«arco lungo inglese» fanno strage con «mezzo milione di frecce» dei balestrieri genovesi saliti al loro attacco. Era scoppiato un violento temporale: il terreno era scivoloso e forse le balestre erano meno efficienti mentre gli inglesi avevano riparato dall'acqua sotto gli elmi le corde degli archi.
Nell'occasione Filippo VI offende i liguri dicendo: «Ecco cosa si ottiene ad impiegar furfanti che se la squagliano». Mentre i balestrieri si stavano riorganizzando ordina ai suoi luogotenenti: «Ammazzate quei gaglioffi!». E gli alleati, i cavalieri francesi, calpestano i genovesi.
A Crécy spararono le prime bombarde, pur se l'impiego delle balestre continuò nelle battaglie navali, dove l'utilizzo delle bombarde era più difficile, fino al 1571 di Lepanto.
Rosselli scende in profondità: gli antichi antagonismi tra Francia e Inghilterra, le differenze dei loro eserciti, la tradizione militare ligure formatasi per tutela dei possedimenti genovesi e ricercata come forza mercenaria.
La balestra ligure, che esordì nella Prima Crociata, perforava ogni armatura e fin le mura di difesa delle città. Importata nel 900 dal Medio Oriente, gli arabi l'avevano presa dalla Cina dove si era affermata 3000 anni fa.


Una delle prime croniste della storia, la principessa Anna Comnena vi scrisse un trattato, chiamandola «tsangra». E nel 1300 un balestriere ligure poteva guadagnare al mese 25 soldi, quanto un notaio della Repubblica.

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