Intercultura. Rispetto. Prevenzione del disagio sociale. Troppo spesso solo paroloni che lasciano il tempo che trovano nei dibattiti annoiati degli intellettuali di turno. Un gruppo di insegnanti invece da ventanni ha deciso di tradurli in realtà in una piccola scuola materna nel cuore di Roma, «Il Celio azzurro», che oggi ospita 45 bambini di 32 nazionalità diverse. Far conoscere al grande pubblico questo asilo è la mission del film-documentario «Sotto il Celio azzurro» realizzato dal regista salentino Edoardo Winspeare che, «non senza una dose di coraggio e incoscienza» come ha sottolineato la produttrice Grazziella Bildesheim, esce nelle sale a Roma e a Milano il 30 aprile (il 29 lanteprima al Nuovo cinema Aquila) dopo la presentazione fuori concorso allultima edizione del Festival di Roma.
La sfida è concentrare in ottanta minuti la vita di un anno di scuola: la battaglia quotidiana di questo gruppo di insegnanti che porta avanti in modo ostinato e rigoroso il lavoro sullaffettività che va oltre il colore della pelle, sulla salvaguardia dellidentità e sul rispetto dellaltro da inculcare a dei bambini tra i 3 e i 5 anni; lenergia e la tenacia che questi maestri impiegano per fare fronte agli scontati problemi di budget e la passione che usano per coinvolgere nel loro programma didattico i genitori che certo non trovano nel «Celio azzurro» una scuola dove «parcheggiare» i propri figli. Ecco allora le mamme e i papà che allinizio dellanno in tre minuti devono provare a raccontarsi proprio agli altri genitori che meno conoscono e che più sono «diversi» da loro, che partecipano con i bambini alle cene multietniche e che ovviamente si rimboccano le maniche per fare piccole manutenzioni in quella che considerano la loro scuola e non certo un istituto da cui ricevono solo un servizio.
Lidea di far conoscere questa particolare realtà i cui ingranaggi funzionano perfettamente (i maestri-attori assicurano che mai nessuno si è lamentato perché i bambini perdevano la propria identità o non si integravano con i compagni) è nata dallinterno perché i figli del direttore della fotografia, Paolo Carnera, e della produttrice hanno frequentato questa scuola.
«Il film lho girato - racconta il regista - non perché è il mio mestiere ma perché credo nel lavoro che fanno queste persone, la loro è una via italiana alla pedagogia con una leggerezza molto romana che arricchisce il film facendolo diventare così allegro e divertente anche se dietro ci sono tante storie di vite complicate». «In più - conclude Winspeare - ho deciso di lavorare sui maestri perché puntare sui bambini sarebbe stato troppo facile e lacrimevole, invece a raccontarli sono gli insegnanti con lapproccio particolarissimo che hanno con i più piccoli».
Intanto Winspeare sta già lavorando sul suo prossimo progetto: «Come tutti gli altri miei film, tranne questo documentario, sarà ambientato in Puglia. Racconterò la storia di una grande speculazione. Vorrei tra gli attori mi piacerebbe Beppe Fiorello. Sto scrivendo la sceneggiatura, dovrei iniziare a girare nellaprile 2011».
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