I black bloc prendono a sassate anche il baluardo dell’antimafia

RomaL’università è solo un pretesto, diciamocelo, se ne rendano conto. Bisognerebbe mandare le Iene a fargli delle domande per sapere quanto sanno davvero di questa benedetta riforma Gelmini, delle statistiche vergognose dei concorsi universitari (nove volte su dieci vincono gli interni, cioè nove volte su dieci vincono raccomandati e portaborse), di quanto restano in carica i rettori (solo in Italia sono a vita), dei ricercatori che forse cercano ma spesso non trovano un bel niente, delle cattedre farlocche per sistemare parenti e amici, aumma aumma, delle scienze dell’igiene del gatto, dei buchi spaventosi nei bilanci degli atenei (ripianati da noi), degli ordinari che ordinariamente non insegnano ma fanno altro, insomma dello stato deplorevole dell’università com’è stata e come gli studenti si ostinano a volere che rimanga, negandosi l’unica battaglia di libertà che potrebbero fare: quella contro il disastro dell’università stessa. Invece, nella confusione ormonale di quell’età, mentre difendono i privilegi e le consorterie che li condannano alla disoccupazione o allo stage perenne, si scagliano senza nemmeno saperlo contro le poche cose che funzionano in Italia, la questura di Palermo, per esempio, ieri presa a sassate da questi piccoli borghesi travestiti da contestatori. Perché in contemporanea con la manifestazione nella capitale tutte le principali città sono state teatro di cortei e contestazioni. Oltre a Palermo, scontri pesanti tra studenti e poliziotti anche a Milano.
Da neo-maggiorenni e neo ventenni non ci si aspetta sobrietà e maturità, è normale che facciano i picchetti, i cortei, e che ripetano gli slogan dei loro nonni. A quell’età conviene essere di sinistra, o presumere di esserlo, perché come già spiegava Flaiano nel Diario notturno, con l’eskimo si rimorchia molto di più. Però, ragazzi, un po’ di fantasia. Non si può crescere con strumenti prodigiosi come internet, Facebook, Google, i voli low-cost, e poi calzare panni che già erano vecchi nel ’77. Chi ha preso a pietrate la questura di Palermo, simbolo della lotta (quella vera, proletaria, degli agenti di polizia) alla mafia, era una minoranza, si dirà, non si può fare di tutta l’erba un fascio, si dirà. Invece bisogna farlo, se la contestazione ad una riforma ha epigoni demenziali e beceri come questi, significa che ha qualcosa di becero in sé. Gli studenti coi caschi colonizzano territori affini, dove l’ignoranza supponente dei capetti studenteschi (aspiranti onorevoli e padroni anche loro, come già si è visto con le carriere degli ex sessantottini e lottacontinuisti) detta il verbo conformista alle greggi che al pensiero individuale hanno preferito l’istinto di massa. Parliamo di un cosiddetto «movimento» studentesco di cui non si ricordano manifestazioni contro il baronato universitario o contro la farsa dei concorsi, contro la sciatteria indegna dell’università pubblica, quasi gratuita in cambio della totale trascuratezza.
Ma che credibilità può avere una «protesta» del genere? Una volta immersi nella banalità automatica, il riflesso anti-sbirro parte in modo pavloviano, ignorando le basi della nuova società, di cui gli agenti rappresentano la classe operaia. Questi giovani vecchi che si procurano un brivido di esistenza con il sasso contro la questura, sono in ritardo tre o quattro decenni con la storia. Sono il vecchio che nemmeno avanza, al massimo carica. Nella mischia non si accorgono nemmeno di farsi del male da soli, come è inevitabile che sia quando ti idealizzi come forza del bene e della giustizia, in lotta contro lo Stato corrotto e mafioso, e poi ti scagli contro i poliziotti che hanno arrestato i boss della mafia quella vera. Se fossero teppisti sarebbe molto meglio, quello è niente e a 18 anni qualche grana è giusto procurarsela, è che sono ignoranti, il che è molto più inquietante, visto che teoricamente sono studenti. Lo smacco più grande per questa finta gioventù è che gli si può appiccicare addosso parole scritte un’eternità fa, da Pasolini, dopo gli scontri di Valle Giulia. «Adesso i giornalisti di tutto il mondo vi leccano il culo. Io no, amici.

Siete paurosi, incerti, disperati (benissimo) ma sapete anche come essere prepotenti, ricattatori e sicuri: prerogative piccoloborghesi, amici. Quando ieri a Valle Giulia avete fatto a botte coi poliziotti io simpatizzavo coi poliziotti!». I giovani vecchi sono fermi a 42 anni fa.

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