Il cervello si eredita. È scritto nei geni, se sei una calcolatrice a fare somme e moltiplicazioni, se ti ricordi a memoria data e giorno di ogni battaglia della prima e seconda guerra mondiale, se le declinazioni e le eccezioni e le astrusità del latino sono un passatempo e non un rompicapo. Se sei secchione tutto questo lo sai già, è un destino fin dall’asilo nido, ma ora anche gli esperti lo dicono: lo sei per natura. L’educazione conta, l’insegnante pure, il contesto anche, ma il genio è fatto dai geni, nel senso di Dna: è lui che fa il cinquanta per cento, metà dell’opera, quella che ti instrada sulla via e ti permette di avere successo a scuola senza nemmeno troppo sforzo.
Gli studiosi del King’s college di Londra e dell’Università del New Mexico sono diplomatici e parlano di «progressi scolastici», perché l’esser secchioni non è qualcosa di misurabile, i voti e l’apprendimento sì. E soprattutto, nella loro ricerca pubblicata su Plos cercano di non abbattere troppo gli esclusi, quelli che, geneticamente, non sarebbero destinati a grandi carriere (didatticamente parlando): l’ambiente e la scuola contano per il restante cinquanta per cento, «la qualità dell’istruzione è importante» ha sottolineato la coordinatrice Claire Haworth. Nessuno tragga deduzioni avventate: continuate a sgobbare sui libri, a impegnarvi e, anche se non siete favoriti dai cromosomi, otterrete comunque buoni risultati.
Però le conclusioni sono chiare: in una stessa classe, alcuni fanno più progressi di altri e questo dipende, in gran parte, dalla predisposizione. «I ragazzi hanno delle caratteristiche genetiche che influenzano quanto riusciranno ad avvantaggiarsi della qualità dell’istruzione offerta». Per esempio: motivazione, impegno, autocontrollo. Sono queste doti innate a fare la differenza. La prova è arrivata dai gemelli: quattromila coppie di dodicenni, metà omozigoti e metà eterozigoti, che frequentano la stessa scuola. Osservati per due anni, confrontate pagelle, voti e rendimento, il risultato è chiaro: il bagaglio genetico determina come e quanto un ragazzo impari sui banchi.
Certo anche i professori, la famiglia, gli stimoli sono fondamentali, al di là dell’abilità di natura. Gli studiosi ci tengono a ribadirlo, per non creare equivoci. Ma la loro ricerca sembra suggerire che, se il cervello funziona, non ci siano scuse che tengano, e neanche ostacoli. Inutile, da un lato, far ricadere la colpa del votaccio sull’insegnante, il vicino di banco, la neve o il gatto. E, dall’altro, mai perdersi d’animo: anche se non puoi permetterti la scuola migliore del paese, i tuoi geni ti verranno in soccorso.
Illusioni? Forse, ma di sicuro il buon senso, corroborato sempre dai geni, già faceva supporre che le cose stessero così. Anche se è politicamente scorretto ammettere che la natura ci abbia fatto diversi, pure nel cervello, chi non ha mai dubitato che, in fondo in fondo, Einstein e Pico della Mirandola abbiano ricevuto qualche aiutino dai cromosomi? Ora questo studio crea un problema: alimenta ancora di più l’invidia di chi crede che il secchione debba sudare per ottenere i suoi bei voti. Invece no: tocca faticare a quelli che la natura matrigna ha penalizzato, negando quel cinquanta per cento iniziale, insomma quelli che devono partire da zero, perché i loro geni proprio non collaborano. Gli altri, quelli coi geni da secchione, hanno la strada già spianata. Anzi la sorte li favorirebbe due volte. Secondo un’altra ricerca studiare regala qualche anno in più di vita: 7 e mezzo agli uomini e sei e mezzo alle donne. Merito di uno stipendio migliore ma, anche, di scelte di vita più salutari. La conoscenza aiuta a curarsi meglio, anche la mente sana fa il corpo sano.
I secchioni devono sopportare le prese in giro, le risate, le frecciatine dei compagni, sembrano fuori dal mondo, fuori moda, un po’ anche fuori di testa, ma la scienza (certo fatta da secchioni) li rassicura: alla fine se la cavano, e spesso piuttosto bene. E senza nemmeno troppa fatica, se non vogliono strafare.
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