RomaGianfranco Pasquino, adesso che si è candidato anche Ignazio Marino alla guida del Pd, la democrazia interna è salva?
«Più candidature ci sono e meglio è perché si apre un dibattito ampio e magari un po di attenzione da parte degli iscritti. Che ora mi sembrano un po, come dire, cartacei».
I meccanismi del bipolarismo cominciano a funzionare?
«Peccato che i candidati in lizza parlino di programmi di governo quando è chiaro che per almeno quattro anni non andranno al governo».
E di cosa dovrebbero parlare?
«Del tipo di partito che vogliono, di alleanze, di democrazia interna».
Difficile fare preparare il pranzo di Natale al tacchino...
«Io credo più alla loro ignoranza che alla cattiveria».
Come ignoranti? Bersani?
«Quando dice che vuole un partito da combattimento io penso non sappia cosa vuole. Franceschini, invece, per ovvie ragioni vuole il partito che ha ora perché gli ha consentito di arrivare al vertice senza troppi sforzi e conflitti».
E il terzo uomo?
«Marino? Spero che i giovani che si è messo intorno ne sappiano più di lui di politica».
Se dico al Pasquino politologo che la sinistra post Pci non è mai riuscita a darsi un leader, se non per pochi mesi, mi boccia?
«No la lettura è corretta. Sono passati dal centralismo democratico ad una cosa che non so se chiamare, decentramento in correnti leaderistiche. Prima la corrente di Occhetto sopraffatta da quella di DAlema, poi è arrivata quella di Veltroni...».
Normale dialettica democratica...
«Se non fosse che si tratta di persone che si attaccano a un leader solo perché gli consente di fare carriera. Non cè stato un congresso vero, aperto».
Firenze e Pesaro cosa erano?
«Decisioni a tavolino. Spostamenti di gruppi da un leader a un altro».
Comunque una forma di democrazia.
«Non funziona e la dimostrazione è che hanno vinto solo quando hanno scelto un esterno al partito, Prodi».
Capito. Si candida lei?
«Le do il titolo: Pasquino si candida alla guida del Pd. Anzi no: Pasquino aspetta che lo candidino».
Perfetto come titolo.
«No non lo faccia, che non hanno molto sense of humour..».
Insomma non lo vuole salvare nemmeno lei il Pd?
«Quando Veltroni se ne è andato per salvare il progetto ha fatto male. Era proprio il progetto che non andava salvato. A un partito del 33 per cento mancano 17 punti per la maggioranza. E dieci per essere come il centrodestra».
Meglio Rutelli?
«Si vuole alleare con lUdc. Se allItalia serve un partito di sinistra non ci può essere lalleanza con Casini. Bisogna semmai convincere quel sette-otto per cento di elettori che non vota più a riconoscersi nei leader della sinistra. E poi fare una grande aggregazione, ma più coerente dellUnione».
Trovato. Lei la pensa come Prodi...
«Prodi ha un problema: non ha mai voluto fare il capo di partito. Non si è sporcato le mani.
E perché non lha fatto?
«Per ignoranza politica».
Anche Prodi?
«Sì, nel suo caso arriva a livelli straordinari».
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