I carabinieri convocano il «nonno» di Maria

I carabinieri convocano il «nonno» di Maria

(...) solidarietà della gente sul caso di Maria, la piccola tenuta in una località segreta dalla famiglia di Cogoleto che ha denunciato le sevizie che la ragazzina ha subito a Vilejka, nell’«internat», l’orfanotrofio dove vive. Ieri i carabinieri di Cogoleto hanno convocato il padre di Alessandro Giusto, «nonno d’amore», come egli stesso ama definirsi, della bambina. Oggi i genitori incontreranno in procura il procuratore Lalla per la prima volta insieme con i loro avvocati. Si tentano tutte le strade Intanto appelli, telegrammi, telefonate stanno arrivando da ogni parte d’Italia alla famiglia Giusto. Inoltre una catena di e-mail e sms è scattata raggiungendo centinaia di persone in ogni parte d’Italia. Obiettivo portare il maggior numero possibile di persone alla manifestazione che ieri sera si è svolta a Cogoleto, con il testa il parroco Don Danilo in prima linea.
In particolare proprio il parroco, che conosce la bimba e i genitori affidatari, ha lanciato un accorato appello che è rimbalzato ieri in tutta la città. Nonostante la pioggia battente che ha sferzato la Liguria sulle vetrine di molti negozi di via XX Settembre, in pieno centro, sono comparsi volantini con la frase pronunciata dal parroco di Cogoleto dal pulpito: «Per una bambina di nove anni che ha quegli occhi terrorizzati io scavalco le leggi e la ospito anche in Chiesa se serve a salvarla. Quanti preti l'hanno fatto con gli ebrei durante la guerra».
Intanto ieri mattina sono partiti proprio da Genova, in piazza della Vittoria, i bambini bielorussi che facevano parte del gruppo di Maria. C’erano tutti, tranne lei, tenuta ancora nascosta in una località segreta da quelli che lei chiama mamma e papà. Scene di grande commozione. Anche perché questi ragazzi potrebbero non venire più in Italia dalle famiglie che li ospitano da anni visto che il governo bielorusso ha deciso di bloccare le vacanze di salute in seguito ai fatti di Genova.
Tra i ragazzini partiti ieri c’era anche Ivan, l’undicenne che proviene dallo stesso internat da dove arriva Maria e che come la bimba ha denunciato gli atti di violenza compiuti dai più grandi sui più piccoli a Vilejka. Insieme a lui era la mamma italiana, residente a Ovada, alla quale è stato permesso di accompagnarlo fino a Roma. Poi ha dovuto lasciarlo. I bambini bielorussi - una ventina - sono gli stessi che il 7 settembre scorso sarebbero dovuti partire dall’aeroporto di Forlì ma che furono bloccati in Italia per l’assenza di Maria. Alla partenza era presente anche l’ambasciatore bielorusso. «Mi raccomando - ha detto commossa la mamma di Ivan all’ambasciatore -. Fatemi ancora vedere Ivan quando verrò in Bielorussia». L'ambasciatore Alexei Skripko ha risposto gentilmente: «Non si preoccupi, faremo tutto il possibile per il bene di Ivan. E lei stessa potrà venire a trovarlo in Bielorussia, non subito ma tra un po’». La madre ha lasciato partire il bambino non senza una grande apprensione. «Voglio sapere dove sarà messo Ivan - dice - perché anche lui ha subito violenze e quindi non deve più tornare in quell’internat».

Appelli a una soluzione veloce del caso arrivano finalmente da molte parti del mondo politico. Preoccupa soltanto il silenzio di certe associazioni per i diritti umani. Ci chiediamo per esempio: dove sono Amnesty International e l’Unicef?

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