«Ci sono stati saccheggi e regolamenti di conti. I ribelli sono alle porte della città. È il fallimento della missione dellOnu con la F maiuscola», spiega Edoardo Tagliani al Giornale dal Congo. Originario di Biella, 35 anni, è responsabile dei progetti nel Paese africano dellorganizzazione umanitaria Avsi. È tra i circa venti italiani, fra cooperanti e missionari, rimasti a Goma, capoluogo del Nord Kivu, nella parte orientale della Repubblica democratica del Congo. I miliziani del generale rinnegato, Laurent Nkunda (che secondo un quotidiano del Belgio sarebbe morto dinfarto ieri) sono pronti a occupare la città invasa dai profughi in fuga dalle zone di combattimento. Lesercito congolese è allo sbando. Mercoledì notte, gruppi di soldati hanno saccheggiato, ucciso e stuprato. I 6mila militari dellOnu nella zona si sono dimostrati incapaci di fermare le violenze. Ieri, avrebbero addirittura sbarrato il passo ai profughi che cercano rifugio in città. Lo ha denunciato lorganizzazione umanitaria francese Secours Catholique. Il timore è che gli sfollati si ammassino attorno alla base Onu diventando un bersaglio. La città ospita già 65mila rifugiati e altri 150mila sfollati vagano per il Nord Kivu. Gli italiani in città erano 56, monitorati costantemente dallUnità di crisi della Farnesina. Circa la metà sono già al sicuro in territorio ruandese. Fra questi sei espatriati del Coopi, unaltra ong italiana. Un logista locale dellorganizzazione è stato però ucciso nei saccheggi.
Chi è rimasto racconta una città terrorizzata. «I ribelli sono a venti minuti dal centro, ma siamo rimasti di nostra spontanea volontà. Dormo in albergo per non passare la notte in casa, possibile obiettivo di saccheggi», spiega Tagliani. «I caschi blu ricevono ordini contrastanti. La loro missione costa un miliardo e 330 milione allanno e non sono riusciti a risolvere nulla», denuncia.
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