La scomparsa per suicidio assistito di Lucio Magri ha mischiato come in una giostra le dichiarazioni in ricordo del comunista eretico alle prese di posizione pro e contro un atto, quello dellabbandono volontario dalla vita, che in ultima analisi per i credenti è un peccato mortale (che comporta la dannazione eterna) e per i non credenti è lesito di una decisione imperscrutabile (che merita rispetto). Insomma, la scomparsa dellintellettuale e politico che più di ogni altro, anche per il suo fascino personale, ha rappresentato in Italia il prototipo del comunista eretico è stata lennesima occasione, dopo quella di Eluana Englaro voluta dal padre Beppino e quella di Mario Monicelli, per mettere in scena un Paese sostanzialmente spaccato.
E quindi... per un Enrico La Loggia (Pdl) che evoca una «legge naturale» ostativa del suicidio ecco un Silvio Viale (medico e presidente dei Radicali italiani) che ringrazia Magri per «il suo ultimo gesto damore per sé e per gli altri». A Melania Rizzoli (medico e parlamentare del Pdl) che parla di «agghiacciante pubblicità delle cliniche della morte», replica indirettamente Ignazio Marino (medico e parlamentare del Pd), che invita a evitare il «tifo da stadio fra pro vita e pro morte». Eugenia Roccella (Pdl) e Paola Binetti (Udc) tengono a sottolineare che il gesto di Magri non può essere collegato alla libertà di scelta e che non deve diventare un modello. Mentre Sandro Bondi (Pdl) si sottrae al gioco degli schieramenti evocato da Marino anche se non alla tentazione della schermaglia politica, e dice: «Non possiamo giudicare una scelta così terribile e sconvolgente senza provare compassione per un uomo afflitto a causa della perdita della moglie amata e privato di quelle speranze terrene che avevano riempito e dato un senso alla sua esistenza». E Fabrizio Chicchitto (Pdl) afferma che «sapere dellesistenza di certe cliniche va venire i brividi».
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