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Ma i cattolici dell’Unione frenano: «La Costituzione va rispettata»

Laura Cesaretti

da Roma

Sul riconoscimento delle coppie gay i cattolici dell’Unione non intendono aprire fronti di scontro, ma mettere paletti ben precisi. La new wave della Margherita, tanto più dopo l’idillio di Porto Santo Stefano con Romano Prodi, non prevede polemiche con il Professore, e dunque da Beppe Fioroni il colpo di freno arriva in modo molto soffice.
Prodi vuol inserire la legge sui Pacs nel programma del centrosinistra, lo ha scritto alla «consulta gay» dei Ds. È contento?
«Condivido la sostanza di quella lettera di Prodi».
Condivide dunque i patti civili di convivenza, anche tra omosessuali?
«Condivido il fatto che il problema della regolamentazione delle coppie di fatto non possa più essere eluso, il centrosinistra deve dare una risposta».
C’è già una proposta di legge, quella del ds Franco Grillini, che prevede il riconoscimento delle unioni di fatto attraverso i Patti civili, sul modello francese. Le sta bene?
«È imprecisa. Io credo che debba esserci un punto fermo inaggirabile: l’articolo 29 della Costituzione, la famiglia fondata sul matrimonio non deve essere rimesso in discussione. No a qualunque ipotesi di matrimonietto di serie B o C, sarebbe totalmente sbagliato».
Ma allora siamo da capo a dodici: quella che non vuole o non può sposarsi davanti al sindaco o al parroco non deve essere una coppia riconosciuta?
«Io dico no alle unioni civili perchè finiscono per aprire la strada allo scimmiottamento del matrimonio sancito dalla Costituzione, e alla degenerazione spagnola. Che bisogno hanno le coppie di fatto, omosessuali o eterosessuali che siano, di essere riconosciute formalmente come nucleo? La registrazione presso i Comuni, magari in un registro a parte, non ha senso. Invece vanno loro garantiti una serie di diritti, questo sì: il diritto alla casa, all’eredità, all’assistenza sanitaria, alla proprietà, alla reversibilità della pensione. Ma sotto un profilo esclusivamente privatistico».
E in che modo?
«L’approccio giusto è quello di riflettere attorno a quell’istituto del diritto privato che è il contratto, studiando una forma ad hoc per questi casi: non si tratta di un impegno della coppia verso la società, come il matrimonio, ma di un impegno reciproco tra due privati cittadini, sancito davanti ad un notaio. Diverso invece è il discorso nel caso ci siano figli: in quel caso bisogna respingere la formula Storace».
Di che sta parlando?
«Della visione barbarica della destra per la quale le colpe dei padri devono ricadere sui figli, che vengono penalizzati se i genitori non sono legalmente sposati. La tutela dei figli è un impegno di fronte alla comunità, e i loro diritti e i doveri dei genitori verso di loro vanno equiparati a quelli delle famiglie regolari. Tutto il resto invece è questione che attiene a vicende e scelte personali di due adulti, e dunque va regolamentata attraverso il diritto privato: per questo l’istituto del contratto è quello che risponde meglio alla necessità».
Ne ha parlato con Grillini?
«Tempo fa, sì. E lui mi ha detto che può essere una base di riflessione utile».


Utile ad evitare che Santa Madre Chiesa faccia piovere i suoi anatemi anti-gay sull’Unione?
«Non so se alla chiesa stia bene, ma credo che essendo una proposta che non mette in discussione il modello familiare e non scimmiotta il matrimonio, non si opporrebbe».
Bontà sua... E questa è la linea della Margherita?
«Nella Margherita convivono posizioni plurali: diciamo che è l’orientamento prevalente».

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