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"I censurati" che (non) sono in Rete

I social e il politicamente corretto moralizzano l'arte. Sbagliando idee e bersagli

"I censurati" che (non) sono in Rete

Tra gli effetti del politicamente corretto, c'è uno spiacevole riaffiorare della censura. Per non offendere le altre culture e religioni si infilano le braghe ai capolavori delle Veneri del Campidoglio. Per non offendere le altre culture e religioni, è stato studiato un intero padiglione dell'Expo al fine di inscatolare una copia del David di Michelangelo, troppo nudo per la sensibilità degli arabi, che invece se ne fregano e vanno a vedere l'originale a Firenze, senza problemi morali. Per non offendere e risarcire le minoranze, tutte, reali e inventate, si cancellano interi episodi della storia, si riscrivono i classici, si abbattono le statue. Per non offendere, meglio stare zitti e immobili, proprio come la nostra cultura, sempre più sterile e involuta al punto che si butta via il tempo in discussioni grottesche su come rendere più inclusiva la lingua italiana, ci vuole la schwa, no meglio l'asterisco, ma andate a studiare filologia e storia della letteratura.

È quanto mai opportuna e interessante la mostra I censurati, curata da Camillo Langone, collaboratore del Giornale, a Villa Mirabella, foresteria del Vittoriale di Gabriele d'Annunzio, a Gardone. L'inaugurazione è sabato 16 settembre e l'esposizione prosegue fino al 3 marzo 2024. Non ci sono scuse, bisogna andare.

A prima, seconda e terza vista, Langone ha messo insieme un gruppo di artisti capaci di declinare il nudo in tutti i modi: si va dal fascino decadente della carne alle fantasie, non necessariamente erotiche, più sfrenate. Tuttavia, ripensandoci, Langone offre un servizio, oserei direi pubblico. La censura è cronaca soprattutto nei luoghi che siamo soliti associare, sbagliando, alla libertà e al confronto delle idee: i social media.

Leggiamo nell'ottimo catalogo pubblicato dall'editore Liberilibri: «In effetti ho dovuto constatare che la maggioranza delle persone non sa, non immagina che da alcuni anni i pittori subiscono una pesante censura specie per quanto riguarda il nudo, specie per quanto riguarda i social, gli onnipresenti network dove vengono cancellati senza appello i nudi dei contemporanei così come di Cagnacci o di Rubens». Ma Cagnacci e Rubens sono ospitati nei musei, sopravvivono lo stesso, mentre i pittori viventi nei musei non ci sono e per loro la vetrina di Instagram è vitale.

Langone: «Visti i numeri esigui di media cartacei e gallerie d'arte, ormai pochi habitué, un quadro che non compare su internet praticamente non esiste. Bloccare il profilo di un pittore è molto vicino a impedirgli di dipingere». Ed ecco servito il paradosso: il digitale, che doveva emanciparci, aiuta la repressione. La cara (in tutti i sensi) carta stampata garantisce il pluralismo.

Ed ecco servito un secondo paradosso: i bigotti esisteranno sempre, ma non andate necessariamente a cercarli tra i cattolici. Fu Nicolás Gómez Davila, reazionario e papista, a scrivere: «Un corpo nudo risolve tutti i problemi dell'universo». Del resto, i credenti non sottovalutano quasi mai l'importanza della carne, della sua decadenza e della sua resurrezione. Non altrettanto si può dire di molti nichilisti della domenica.

Passiamo ai censurati. LinkedIn ha cancellato l'Autoritratto sotto la doccia di Giovanni Blanco perché violava gli standard della comunità. Quali, non è dato sapere e tanto meno capire, osservando l'atipica posa, di schiena, di cui si può dire qualunque cosa, anche che sia tragica, ma certo non che sia volgare. A Roberto Ferri, Facebook ha chiuso più volte l'account. E pensare che il tema dei quadri incriminati è quasi sempre sacro, essendo l'autore uno dei nomi più noti dell'arte appunto sacra (ha dipinto ritratti del Papa e Vie Crucis). In mostra, abbiamo una Tentazione di sant'Antonio.

Giovanni Iudice è un pittore da copertina. Sue opere illustrano i romanzi di Crocifisso Dentello e di Camillo Langone stesso. Potete vedere un suo quadro, quello esposto a Villa Mirabella, al piede di questa pagina: nessuna traccia di volgarità. In libreria nessun problema. I romanzi citati sono esposti normalmente. Sui social niente da fare. Le piattaforme digitali hanno boicottato l'immagine. E ancora una volta pensiamo al paradosso: carta stampata e librerie uguale libertà, social media e negozi digitali uguale repressione.

Riccardo Mannelli, in mostra con tre quadri, tra cui Ammazzami (Lara), uno svergognato ritratto di una donna a gambe aperte, è il nemico numero uno. Langone: «È il toscanaccio polemico, il satiro ebbro di tabacco che proviene direttamente dagli anni Settanta e quindi da una stagione di libertà espressiva oggi inconcepibile (andatevi a vedere cosa pubblicavano lui e Vincino e Pino Zac su Il Male). L'artista più censurato d'Italia, il Maestro della Carne, il supremo disegnatore di nudi femminili, più anatomista perfino di Courbet siccome l'artefice della Origine del mondo era facilitato dal vello ottocentesco, quasi una braghetta naturale, mentre lui affronta e padroneggia l'oscena, chirurgica depilazione contemporanea».

Anche il secondo quadro in questa pagina, La proclamazione di Miss Vomito di Enrico Robusti violava le regole di LinkedIn ed è stato rimosso. Come potete vedere, siamo lontani mille miglia dal realismo. I corpi sono deformati, per niente eccitanti, anzi. Ma in basso a destra ci sono due seni nudi, e quindi...

Una critica al narcisismo è stata scambiata per una oscenità da cancellare.

Possiamo vantarci. I nostri antenati ci hanno messo secoli a superare il moralismo bigotto e il puritanesimo. A noi sono bastati trent'anni per riportarli al potere, per giunta chiamandoli «progresso».

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