Carmine Spadafora
da Napoli
Per il loro primo corteo a Napoli, una comunità di cittadini cinesi, residenti soprattutto nella zona della Stazione Centrale, ha scelto una giornata tranquilla come il sabato. Erano in 300 circa, impugnavano bandiere italiane e quelle rosse del loro Paese e un paio di vessilli color «arcobaleno» della pace, mentre i bambini indossavano megliette azzurre della nazionale di calcio, naturalmente, rigorosamente, made in China.
Che cosa chiedevano gli asiatici con i loro slogan e gli striscioni?
Lavoro? No, quello già ce l'hanno, visto che con le loro centinaia di negozi, poco per volta e già da anni, stanno monopolizzando zone importanti (anche se a rischio) come la Duchessa e la Maddalena oppure, in periferia, via Argine, dove sorge «Cinamercato». «Dignità e diritti per gli immigrati» era scritto su uno striscione, mentre un altro intimava: «Rispettiamo voi, rispettate noi».
Sicurezza, chiedono sicurezza i cinesi di Napoli, invocano una maggiore presenza delle forze dell'ordine nei quartieri e nei comuni dove vivono. Dicono di aver paura, di essere vittime della criminalità. Una richiesta legittima, ma arrivano secondi, dietro a quei milioni di napoletani per bene che risiedono tra il capoluogo e l'area vesuviana, tra il Giuglianese e i comuni a nord di Napoli, dove la camorra e la criminalità la fanno da padrone.
Il corteo si è mosso da piazza Mancini, una scelta non casuale quella dei cinesi, che hanno scelto un luogo simbolo di tante lotte espresse da operai e disoccupati per la loro protesta. Poi, hanno sfilato all'interno del «serpentone» del Corso Umberto, fino ad arrivare in piazza Municipio, sotto le finestre di Palazzo San Giacomo, dove risiedono il sindaco Rosa Russo Iervolino e i suoi assessori. Una delegazione ha chiesto di poterle parlare, ma il sindaco in quel momento non cera. I cinesi si sono riservati di consegnarle una lettera, appena riusciranno ad incontrarla.
Successivamente i 300 hanno ripreso la marcia e hanno fatto tappa a piazza Plebiscito, davanti alla Prefettura. Poco prima delle ore 13, tre di loro si sono spostati dal Plebiscito in via Medina, dove risiede la Questura, per essere ricevuti dai dirigenti dell'Ufficio stranieri, Antonio Borrelli, e della Digos, Antonio Sbordone.
«Chiediamo sicurezza», hanno ripetuto i cinesi.
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