Roberto Fabbri
Alla fine è successo. I cinque Paesi membri permanenti del Consiglio di sicurezza dellOnu si sono accordati per il rinvio dellIran davanti al Consiglio stesso, per discutere dello spinoso dossier nucleare della Repubblica islamica. Tuttavia, in un comunicato diffuso la scorsa notte da Londra, i ministri degli Esteri di Stati Uniti, Russia, Cina, Francia e Gran Bretagna (ma erano presenti anche il capo della diplomazia tedesca Steinmeier e il rappresentante dellUnione europea) hanno precisato che i Quindici dovranno attendere la pubblicazione del rapporto dellAgenzia atomica internazionale (Aiea) sulle attività iraniane in campo nucleare prima di prendere decisioni su eventuali sanzioni a carico di Teheran.
Questa relazione dovrebbe essere presentata il prossimo 6 marzo dal direttore generale dellAiea, Mohammed ElBaradei, al consiglio dei governatori dellAgenzia. Ma domani a Vienna si terrà una riunione straordinaria, dedicata al caso iraniano: e in questa occasione la decisione più probabile sarà di riferire sulla questione Iran al Consiglio di sicurezza; che è, bizantinamente, cosa diversa dal «rinviare» il caso a quellorganismo. Questo anche se nel suo rapporto provvisorio lAiea scrive che Teheran ha già avviato le ricerche per larricchimento delluranio e che in un suo documento cera un inequivocabile disegno relativo a progetti per componenti di ordigni nucleari.
La reazione dellIran non si è fatta attendere ed è stata decisa e dura. «Consideriamo ogni deferimento o rapporto dellIran al Consiglio di sicurezza come la fine della diplomazia - ha detto il capo dei negoziatori iraniani sulla questione nucleare, Alì Larijani -. Se questo accadesse saremmo costretti a revocare ogni sospensione volontaria delle nostre attività nucleari e a bloccare lattuazione del Protocollo addizionale». Questultimo, firmato ma non ratificato dallIran, attribuisce agli ispettori delle Nazioni Unite più estesi poteri di accesso ai siti sospetti. Di fatto, Teheran minaccia la sospensione di ogni ispezione Onu ai suoi siti nucleari e la ripresa dellarricchimento delluranio, passaggio indispensabile per la fabbricazione di bombe atomiche.
Il rinvio al Consiglio di sicurezza dellIran «non ha alcuna base giuridica», ha aggiunto il capo dellagenzia iraniana per lenergia nucleare Gholamreza Aghazadeh, mentre Javad Vaidi - che dirige il Supremo consiglio per la sicurezza nazionale - insiste sul diritto del suo Paese a proseguire quelle che ha definito «attività pacifiche di ricerca e sviluppo». La ripresa di queste ultime, ha sottolineato, deve considerarsi irreversibile: si tratta proprio della mossa iraniana relativa al combustibile nucleare, compiuta nei primi giorni dellanno, che ha fatto precipitare la situazione tra Iran e comunità internazionale.
Come regolarmente accade, non sono mancate voci iraniane più concilianti, almeno in apparenza. Così mentre il presidente della Repubblica Mohammed Ahmadinejad tuona che «lIran non rinuncerà ai suoi diritti», lex presidente Hashemi Rafsanjani definisce «oppressiva» la decisione presa laltra sera a Londra, ma dice anche che il suo Paese, oltre che della necessaria «resistenza», ha ora bisogno «di saggezza e di iniziativa, presentando proposte politiche accettabili». E il ministro del Petrolio Kazem Vaziri Hamaneh, nel corso della riunione trimestrale dellOpec a Vienna, ha negato che lIran intenda ricorrere allo strumento dellinterruzione delle forniture di greggio ai Paesi occidentali. Hamaneh non ha proposto allOpec un calo della produzione (che non è stato deciso) e ha affermato che le questioni della politica non influiranno sulle scelte di Teheran in tema di petrolio.
Resta aperta la questione di come ora si muoveranno la Russia e la Cina, i due Paesi più restii allimposizione di sanzioni allIran. Diplomatici di Mosca e Pechino hanno annunciato che si recheranno in Iran per cercare di convincere gli iraniani a cooperare seriamente con lAiea. Intanto il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov ha ricordato lunità dintenti di Russia e Cina, che hanno entrambi forti interessi economici in Iran.
E a proposito di economia, il Wall Street Journal ha pubblicato i nomi di otto multinazionali che hanno ridotto o azzerato i propri investimenti in Iran in previsione delladozione di sanzioni economiche contro Teheran.
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