I cloni di Baudo e quelli di Biscardi

La Rai cerca di mantenere in vita il dopofestival violentando la notte degli italiani, già inseguiti da porno e televendite. Fegiz e Cotugno hanno mandato in onda la peggio vecchiaia presente la meglio gioventù

I cloni di Baudo e quelli di Biscardi

Sanremo - Visti a Sanfremo dodici Pippibaudi tipo xerox, fotocipiati, mascherati, uguali, angoscianti, più l'originale. Idea bella, per aprire le danze. Visti, uditi, mal digeriti, una dozzina, mi tengo basso nella cifra, di Aldibiscardi, cloni del grande rosso di Larino, giornalisti della musica e dello spettacolo, i quali hanno una sola occasione all'anno, licet insanire?, nella quale farsi conoscere e riconoscere: appunto il festival di Sanremo. Dunque si esibiscono, urlano, insultano, fanno caciara, goliardi patetici.

L'occasione è fornita dalle telecamere, soprattutto quelle del dopofestival, un'idea vecchia che la Rai cerca di mantenere in vita violentando la notte degli italiani, già inseguiti da porno e televendite. Fegiz, del Corriere della Sera, e Cotugno, di se stesso, hanno mandato in onda la peggio vecchiaia presente la meglio gioventù. Non è la prima volta, anche lo scorso anno i Facchinetti, padre e figlio furono coperti di volgarità e insinuazioni (la loro prova venne definita pornografia sentimentale, fu detto al Facchinetti junior, Francesco, di andare a lavorare).

Dopo il circo parolaio, per un anno i suddetti tornano nel canneto, in attesa che la teecamera si riaccenda, che le gabbie vengano aperte che si possa tornare a strillare, come direbbe Biscardi doc senza urlare. Fino a sabato notte si replica. Una goduria

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