«I colossi? Potranno giocare sui costi»

da Milano

I colossi bancari potranno probabilmente giocare atout vincenti sul fronte dei costi, ma dal punto di vista della capacità di seguire da vicino aziende e famiglie le carte migliori potrebbero restare nelle mani delle banche territoriali, superpopolari in testa. L’esame è del vicepresidente financial services di Capgemini, Sergio Magnante a cui il Giornale ha chiesto di analizzare il nuovo volto del sistema Italia all’indomani dell’accordo grazie al quale Unicredit-Capitalia hanno dato vita alla sesta banca più grande del mondo e avvicinato la propria presenza nella Penisola a quella di Intesa Sanpaolo.
L’arrivo degli stranieri ha costituito «una spinta per il mercato» e l’invito del governatore di Bankitalia, Mario Draghi, a superare la logica del campanile «è stato raccolto», ma una delle prossime sfide, avverte Magnante, «sarà l’armonizzazione dei sistemi di pagamento che contrarrà i margini degli istituti costringendoli a cercare economie di scala e specializzazione».
In pochi mesi il nostro Paese ha scalato le classifiche del credito internazionale: ci saranno vantaggi anche per i piccoli clienti? In quanto tempo?
«Sia la politica dell’Unione europea sia l’arrivo di operatori internazionali giocano a favore della concorrenza. Credo che tutto si giocherà entro i prossimi tre/cinque anni».
E per un sistema industriale basato sulla piccola e media impresa?
«Le aggregazioni hanno per conseguenza la spersonalizzazione. I prodotti tradizionali non hanno valore aggiunto e quindi le pmi sceglieranno in base ai costi. Le superpopolari, invece, devono puntare tutto sul valore della consulenza».
Qual è la lezione che un grande gruppo italiano dovrebbe trarre dalle concorrenti estere?
«Unicredit, per esempio, è già una best practice: raccoglie dalle banche che integra le logiche migliori. È quanto dovrebbero fare tutti i gruppi anziché imporre i modelli dell’acquirente».
Cosa devono fare per i correntisti?
«Avviare un forte cambiamento e addestramento della propria rete commerciale così da assicurare un’ampia libertà di scelta».
La progressiva concentrazione del mercato non potrebbe comportare il rischio di potenziale «cartello?»
«Non credo, si stanno espandendo anche le banche territoriali. Inoltre, ci sono elementi internazionali, come la contesa tra Barclays e Royal Bank of Scotland per Abn Amro, e regolatori che limitano al minimo questa possibilità».
Come evolverà il mercato?
«Sia la spinta liberalizzatrice dell’Ue sia l’armonizzazione sui sistemi di pagamento, imporrà alle banche di rivedere i propri modelli di business: la direzione sarà quella delle partnership e della specializzazione perché la perdita di margini porterà a cercare alleanze».


Ci sarà una seconda ondata tra le Popolari o queste banche hanno raggiunto una massa critica sufficienti ad affrontare la concorrenza?
«Duemila sportelli, se abbinati a una strategia chiara e una valida capacità di esecuzione, possono essere sufficienti ad affrontare il mercato, ma solamente su determinate nicchie di specializzazione».

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