RomaIpotesi di complotto. Nel Palazzo nostrano, mica nella Grande Mela. Stavolta, infatti, non centra nulla lossessione cospirativa di Jerry Fletcher, il tassista newyorkese interpretato al cinema da Mel Gibson. Qui parliamo di strategie politiche, a volte trasversali, che partono da una premessa (il Cavaliere è sotto tiro), passano per una strategia accorta (tramare nellombra) e giungono a unauspicata conclusione: farsi trovare pronti per la fase post, che prima o poi, garantisce lanagrafe, arriverà. Va avanti così da tempo, sono mesi che se ne parlotta nei corridoi e nelle stanze dei bottoni.
Fantapolitica? Forse sì, anche se da più parti si delineano già ipotetici scenari futuri. «Cè chi si muove in un mondo parallelo - raccontano tra buvette e Transatlantico - come se Silvio Berlusconi non fosse più a capo del governo». Come se, però. Perché anche Gianfranco Fini, finito pure lui nella lista dei sospettati, sarà di certo cosciente che al momento non cè trippa per gatti. Daltronde, avverte di continuo, non esiste altra maggioranza possibile se non quella delineata dalle urne. Come dire: se il governo cade si torna a votare e non contate su di me per gli inciuci. Semmai, spiega il maligno, il presidente della Camera mira a un progetto di lunga gittata. Per raccogliere i frutti di battaglie ideologiche, provocazioni etiche, ma soprattutto del radicamento del Pdl nel territorio, in modo da far valere lesperienza maturata in loco dai suoi fedelissimi. Che saranno pure diminuiti, ma che ci sono e ci saranno. Daltronde, è lui il co-fondatore del Pdl, paletto che di recente ha fissato per bene. Ne sanno qualcosa il premier e il Carroccio, lo testimonia la trattativa diretta sui candidati per le Regionali.
Per riassumere: Fini non avrebbe effettivo interesse a disarcionare, oggi, il presidente del Consiglio, tentativo che produrrebbe semmai effetti negativi sugli elettori di centrodestra. Domani, però, sarebbe pronto a guidare le truppe da Palazzo Chigi (più sfumata la strada che porterà nel 2013 al Colle). Ma per farlo, Fini ha bisogno di guardare al di fuori dei confini pidiellini. Ecco perché punta con forza sullo strumento delle fondazioni, con la sua Farefuturo che va a braccetto con lItalia futura di Luca Cordero di Montezemolo. Anchegli, secondo il barometro da spy-story, in rampa di lancio per un ingresso in politica, nellambito però di un progetto centrista con Pier Ferdinando Casini e Francesco Rutelli. Il primo per adesso sta alla finestra, sperando di poter accogliere i fuoriusciti piddini, se a guidarli dovesse essere lex Ds Pierluigi Bersani. Anche il secondo attende, pur lanciando segnali chiari: se cade il premier, via a un esecutivo istituzionale. Già, ma chi lo guiderebbe? La prima scelta è sempre Mario Draghi. Chi lo conosce, però, assicura che lui non ha alcun interesse a dire sì. E nonostante sia florida la tradizione del travaso da Bankitalia (Guido Carli, Carlo Azeglio Ciampi, Lamberto Dini), il governatore pare preferisca magari succedere, nel 2011, a Jean-Claude Trichet alla guida della Bce.
Ma Draghi chiama Giulio Tremonti, in senso antagonistico, visto che i due, diciamo così, non si prendono tanto. E qui, leventuale sfida alla successione si giocherebbe di rigore sulle imposte. Per adesso, il Cavaliere farebbe di tutto per abbassarle subito, ma il ministro - sponsorizzato a vita dal Senatùr, elemento da tenere presente in chiave consensi - rimanda tutto. Si prenda ad esempio lIrap. Per il titolare allEconomia andrebbe tagliata con calma, insieme alla concreta attuazione del federalismo fiscale. Già.
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