I compromessi del maestro Castellitto

L’ultimo Bellocchio non è acre come il primo, però nel Regista di matrimoni affiora la rabbia che sosteneva L’ora di religione. La trama - fuga da Roma a Cefalù di un regista di successo (Sergio Castellitto), denunciato per aver preteso «compromessi» dalle attrici - è il pretesto per un’invettiva culminante nella descrizione dei premi ai film, «decisi da un giro di telefonate fra le parrocchie di sinistra e di centro; da quelle di destra no, perché nel cinema non contano un c...», come recita un altro regista, impersonato da Gianni Cavina. C'è poi un terzo regista, quello appunto «di matrimoni» (Bruno Cariello), e c’è il principe siciliano (Sami Frey), parodia del viscontiano principe del Gattopardo. Ognuno è un frammento di Bellocchio, ma alla fine lo è soprattutto il personaggio di Castellitto, che concupisce una «condannata a nozze» non per soggiogarla a sua volta; al contrario: per farla ribellare.
Poi c’è un percorso sottotraccia. All’inizio del Regista di matrimoni, il «maestro» - impersonato da Castellitto - prepara il rifacimento de I promessi sposi di Mario Camerini (1941), film dell’Italia fascista proiettato al collegiale Bellocchio nell’Italia democristiana. Da quel ricordo affiora l’incubo della passività della manzoniana Lucia, che spinge il «maestro» a quasi profanare le nozze della figlia, conformista, dunque devota, durante l’ibrido rito (menorah sull’altare, croce sulla pianeta) in un tempio mezzo chiesa, mezzo sinagoga. Memore del Bellocchio dei Pugni in tasca (1965), il Bellocchio del Regista di matrimoni reagisce: se la figlia si piega, tocca ancora al padre insorgere, ovvero innamorarsi di una sposa destinata a un altro e proprio nella Cefalù dove il sulfureo Aleister Crowley visse di sesso e di magia... Ci sono dunque grandi momenti nel Regista di matrimoni, sebbene esso sia riuscito a metà (respinto dal Festival di Berlino, sarà a quello di Cannes, ma nel Certain regard).

È come se il «maestro» fosse tale solo fra virgolette, anzi fra critici che ignorano Godard, idolatrano Almodòvar e Tarantino, considerano la Comencini e rimpiangono il «miglior» Benigni.

IL REGISTA DI MATRIMONI di Marco Bellocchio (Italia, 2005) con Sergio Castellitto, Donatella Finocchiaro. 107 minuti

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