Ricevo, con sempre più frequenza, mail di lettori che mi chiedono consigli su come preparare determinate gare, se non la stesura di vere e proprie tabelle di allenamento finalizzate ad ottenere un determinato tempo. Non è casuale ed isolato; chiunque abbia raggiunto una certa autonomia di corsa, sente il bisogno di misurarsi contro se stesso, dando un senso, che non sia solo quello del benessere fisico, agli allenamenti settimanali. È uno degli aspetti belli delle competizioni domenicali; al traguardo non è solo il primo a vincere. Chiunque riesca a limare il proprio personale si sente ugualmente vincitore. Ben vengano, quindi, le famose tabelle, pur con le dovute precauzioni perchè dietro langolo vi è sempre il rischio di esasperare il responso cronometrico della seduta di allenamento. Alzi la mano, infatti, chi non si è sentito, almeno una volta, in colpa per aver saltato lallenamento o chi ha affrontato con pessimo umore la giornata lavorativa (per non dire, si è sfogato con lincolpevole famiglia) solo perchè, ad esempio, la media delle ripetute sui 1000 è stata di «ben due secondi» superiore a quella che si doveva tenere (la mia mail è piena di lamentazioni di questo tipo). È vero che lessere tesserati Fidal e il partecipare alle competitive domenicali ci fa sentire, nel nostro piccolo, degli atleti con la «a» maiuscola ma ricordiamoci, in quanto amatori, di prendere la corsa per quello che è: un bel passatempo, che ci fa star bene, magari utile per far nuove conoscenze e scoprire posti nuovi, ma nulla più. Non è un delitto se un allenamento non va come sperato; magari, dopo un buon riposo, lindomani si riuscirà a ottenere un tempo molto al di sotto di quello indicato in tabella. In sostanza, è la corsa loggetto e noi il soggetto; non lasciamo che avvenga il contrario. Attenzione, però, a non cadere nellerrore opposto perchè le tabelle non sono formule magiche che basta invocare per raggiungere lo scopo (il tempo finale).
Occorre attenzione, impegno, costanza. Saltare con troppa facilità le sedute programmate «perchè tanto poi le recupero» non è la strada migliore per centrare il proprio traguardo, anche se minimo.maurizio.acerbi@ilgiornale.it
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