«I controlli? L’Italia ha speso tanto e bene»

Professor Marco Ponti, ordinario di Politica dei trasporti al Politecnico di Milano, come può configurarsi tecnicamente l’incidente ferroviario di Viareggio?
«Questi incidenti sono estremamente rari. Lo standard di sicurezza di un sistema di trasporto va visto su un arco decennale. Ciò che è accaduto deve essere paragonato al recente disastro aereo sull’Atlantico che non modifica il trend di pericolosità del viaggiare in aeroplano. Lo stesso vale per Viareggio».
Come si può valutare, anche dal punto di vista statistico, il sistema ferroviario italiano?
«Le ferrovie italiane mostrano standard di sicurezza riconosciuti come validi anche in ambito internazionale e le statistiche lo confermano. Spendono un sacco di soldi per adeguarsi a standard che contribuiscono ad aumentare sicurezza come i sistemi di blocco e il telecontrollo».
Quindi, la probabilità di nuovi incidenti di questo tipo è bassa?
«Finora sì. Certo, su un grandissimo numero di eventi è una possibilità che va sempre messa in conto perché si tratta del contemporaneo accadimento di eventi con probabilità di verificarsi infinitesime. Perciò bisognerebbe considerare il problema su un arco decennale o pluridecennale e, soprattutto, su un fronte internazionale. Inoltre bisogna verificare se ci sono responsabilità penali in seguito all’inosservanza dei regolamenti».
La sinistra anticapitalista ed ecologista ha accusato governo e Ferrovie dello Stato di aver dirottato gli investimenti sull’alta velocità trascurando altri sistemi.
«Diamo talmente tanti soldi alle Ferrovie che sono anche troppi. Spendiamo circa il triplo del necessario per l’alta velocità, ma Fs ha avuto da spendere pure per la sicurezza. Non sono in grado di dire se le risorse stanziate su questo capitolo siano sufficienti, ma il parere internazionale è che l’Italia ha speso tanto e bene».
È stato dichiarato che la rottura di un asse ha provocato l’incidente.
«Questo è un secondo tipo di ragionamento da fare prima di individuare eventuali colpe. Sembra esserci stato uno svio (termine tecnico per deragliamento) e questo può avere una serie di cause, una delle quali può essere la rottura di un assale. Ma questo deve essere accertato: un treno che svia in quelle condizioni con una determinata velocità fa sì che il carrello riceva sollecitazioni dopo l’incidente. Per questo motivo è necessario che le cause dello svio siano accertate per capire se ci possano essere elementi colposi come un problema di manutenzione».
Vi sono altri profili da valutare?
«Un terzo aspetto su cui si può fare qualche considerazione è la politica nazionale ed europea secondo cui il modo ferroviario è più sicuro di quello stradale. Un’autocisterna che prende fuoco in una zona abitata è una tragedia, ma le nostre ferrovie passano attraverso zone abitate e vediamo blocchi di 10-20 carri cisterna molto vicini uno all’altro. Forse è necessaria qualche riflessione: un carro cisterna ha una capacità doppia di un’autocisterna e venti autocisterne attaccate l’una all’altra che passano per una zona urbana sono potenzialmente una bomba».
Il ministro dell’Interno Maroni ha affermato che se le norme sono inadeguate l’Italia chiederà alla Commissione Ue di modificarle.
«L’incidente di Viareggio può far riconsiderare l’assioma che il ferro è più sicuro della gomma. Quella del ministro mi sembra una riflessione opportuna».
Vi è un problema di logistica visto che il treno avrebbe dovuto tagliare il Paese da Novara a Caserta?
«Il treno su distanze brevi non è competitivo. Il problema è il tipo di sostanza trasportata. C’è una graduatoria molto ampia che comprende gas compressi, gas liquefatti, benzina e altri idrocarburi infiammabili».


Per i carichi pericolosi si possono pensare percorsi alternativi che non tocchino i centri abitati o riconsiderare le modalità di trasporto?
«Fare una scelta modale diversa. Spostare i percorsi ferroviari non è possibile».

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