I criminologi contro le serie tv: «Possono aiutare gli assassini»

Secondo la denuncia del dipartimento di polizia di Los Angeles, guardando i programmi come Medical investigation e Csi i delinquenti imparano come mettere in difficoltà le forze dell’ordine

Giuseppe De Bellis

da Milano

Otto anni fa Tammy Klein fece la sua prima indagine. Ci mise due settimane a capire la mente di un killer. Aveva assassinato due persone e dopo sedici ore di colloquio con Tammy confessò, disse come e perché aveva ucciso: «Allora era più facile». Otto anni fa non esisteva Csi - Crime Scene investigation: «Per questo era meglio». La signora Klein è una criminologa del dipartimento di polizia di Los Angeles. Oggi ha deciso di combattere una battaglia contro i serial tv come Csi, come Medical investigation. Vuole che cambino sceneggiature e situazioni: «Quelle immagini aiutano i criminali».
Tammy non è da sola. In questa campagna sono dalla sua parte altri criminologi, sceriffi e magistrati. Dicono tutti la stessa cosa: i delinquenti guardano la tv, vedono serie che rappresentano la realtà e si adattano, modificano i loro comportamenti e scoprono come mettere in difficoltà la polizia. Gli esempi spiegano: fino a pochi anni fa, nessun killer si sognava di ripulire con la conegrina, che cancella le tracce del Dna, la scena di un delitto. Adesso, il ricorso alla conegrina per cancellare tracce di sangue o altro non è inconsueto, «quando il delitto è premeditato». E chi gliel’ha insegnato? Proprio Csi che mostra all'opera agenti della polizia scientifica di New York, Miami e Las Vegas. Ray Peavy, capitano della polizia nel dipartimento di Los Angeles parla di «un’educazione televisiva» di molti criminali. A volte «credo che la tv incoraggi i reati in una specie di sfida con gli investigatori». Un caso c’è stato in Ohio, pochi mesi fa. Jermaine «Maniac» McKinney, un ragazzo di 25 anni, è entrato in casa e ha ucciso una donna e sua figlia, poi ha utilizzato la conegrina per togliere il sangue dalle sue mani, dal pavimento, e dai corpi delle vittime. Ha avvolto i cadaveri in una coperta per evitare che la sua macchina si potesse sporcare di sangue caricando i cadaveri in macchina. Per distruggere ogni traccia ha bruciato i corpi, i suoi vestiti e ha eliminato i mozziconi di sigaretta dalla scena del delitto perché potevano contenere il suo Dna attraverso la saliva lasciata sul filtro. Le indagini sono durate due mesi: i sospetti erano tutti su Jermaine, ma non c’era una sola traccia lasciata come prova dei suoi delitti. È stato tradito solo da un bastone. L’aveva usato per colpire le vittime e per disfarsene l’ha lanciato in un lago. L’acqua era ghiacciata e l’arma è rimasta in superficie. McKinney è stato arrestato, ha confessato e ha detto di essere un fan di Csi.
Criminologi, poliziotti e magistrati dicono che il caso «Maniac» non è isolato. Chuck Morrow, capo della divisione criminale della Procura della contea di Trumbull è convinto che «i criminali stanno utilizzando tecniche sempre più sofisticate per non lasciare tracce dei loro delitti». Tammy Klein aggiunge un dettaglio: i delitti sembrano sempre più premeditati. Ray Peavy la butta sulla statistica: «Negli ultimi sei anni, da quando viene mandato in onda Csi (negli Stati Uniti è trasmessa dalla Cbs) sono diminuiti del 36% i casi in cui sul luogo del delitto vengono trovate tracce che facilmente possono ricondurre a una persona». Mentre la Klein vuole andare avanti nella sua battaglia anti Csi e chiede che altri criminologi si uniscano nella sua lotta, gli avvocati difensori la bloccano.

Larry Pozner, ex presidente dell’associazione nazionale degli avvocati difensori smonta tutto: «Molti di quelli che commettono delitti non prendono alcune precauzioni. Noi lo sappiamo, perché alla fine siamo noi a difenderli nei processi».

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