Cultura e Spettacoli

I critici del Time: «Via col vento? Francamente ce ne infischiamo»

La rivista americana ha stilato la lista delle migliori pellicole, con clamorose esclusioni. Inserite quattro opere italiane, due di Leone

I critici del Time: «Via col vento? Francamente ce ne infischiamo»

Massimo Bertarelli

E ora chi si prenderà la briga di avvertire Melania, al secolo l’ottantanovenne Olivia de Havilland? Il celebre Via col vento, di cui l’antica signora è l’unica superstite, giudicato per decenni il film più amato della storia, secondo l’autorevole rivista americana Time non è degno di entrare tra i magnifici cento del cinema, dai fratelli Lumiére a oggi. L’oltraggioso responso è stato vergato da una rinomata (almeno negli Stati Uniti) coppia di critici, tali Richard Schinkel e Richard Corliss. Quest’ultimo, con una foga distruttiva stretta parente del fantozziano siluro alla mitica Corazzata Potemkin, ha così affondato Via col vento: «Una bufala epica». Come dire con Clark Gable: «Francamente ce ne infischiamo». Aggiungendo, con il linguaggio parzialmente ermetico tanto caro agli addetti ai lavori: «Andare al cinema è assai soggettivo. Ti piacciono o non ti piacciono cose che non puoi davvero spiegare». Spiegando che il primo criterio adottato dal tandem di recensori è stato quello di cercare in ogni film qualcosa di «magico».
Bene, questa sibillina formula ha prodotto la lista d’oro definitiva, dopo che nei primi due elenchi, compilati da ciascun esperto per conto proprio erano usciti quasi cinquanta titoli comuni a entrambi. Il tandem di critici ha anche scelto il film del decennio, ovvero la migliore pellicola dagli anni Venti (dove è stato laureato il futuristico Metropolis di Fritz Lang) in su. Questi gli altri prescelti: per gli anni Trenta Infedeltà di William Wyler, quindi Quarto potere (’40) di Orson Welles, Vivere (’50) di Akira Kurosawa, Persona (’60) di Ingmar Bergman, Chinatown (’70) di Roman Polanski, Decalogo (’80) di Krzysztof Kieslowski, Pulp Fiction (’90) di Quentin Tarantino per chiudere il secolo con Parla con lei di Pedro Almodóvar.
Un menu rispettabile, anche se molto discutibile, afflitto da evidente snobismo e ruffianissima geopolitica, che quasiasi spettatore di media cultura cinematografica potrebbe tranquillamente ribaltare. O quantomeno modificare. Per dirne una, grida vendetta la scelta di Infedeltà a scapito di Luci della città di Charlie Chaplin. Per aggiungerne un’altra, A qualcuno piace caldo di Billy Wilder vale ben più di Vivere. Per finire, ci sono, a essere spilorci, esistono una decina di titoli migliori sia di Chinatown sia del Decalogo. E cento più avvincenti di Persona. Ma si sa che chi tocca Bergman o Kurosawa muore, anche se i loro presunti capolavori sono cari unicamente ai topi di cineteca.
Per dare a Charlot quel che è di Chaplin, va precisato che Luci della città è presente nel listone, così come A qualcuno piace caldo. E ci sarebbe mancato anche che fossero esclusi. Per non annoiare il lettore, cogliendo fior da fiore nell’interminabile inventario, spiccano quattro film con targa italiana, uno è il fumoso, pluridecorato Otto e mezzo di sua maestà Federico Fellini, un altro è lo struggente Umberto D. di Vittorio De Sica, ma i due restanti titoli sono davvero sorprendenti. Si tratta infatti di due western, materia in cui gli americani si considerano, giustamente, i re, entrambi diretti da Sergio Leone: Il buono, il brutto e il cattivo (1967) e C’era una volta il West (1968).
A emergere nella classifica di Time sono, è chiaro, i film hollywoodiani. Saltabeccando da un decennio all’altro ecco dunque Il padrino 1 e 2, Fronte del porto, Notorius e Psyco (Hitchcock era inglese ma il suo giallo è di produzione americana), Toro scatenato, il primo Guerre stellari, E.T., Blade Runner, Casablanca, Cantando sotto la pioggia, Lawrence d’Arabia, Sciarada, il primo King Kong, Schindler’s List, La vita è meravigliosa, Gli spietati, Quei bravi ragazzi, Taxi Driver, La rosa purpurea del Cairo.
Tra i quali si intrufolano diversi francesi, tra cui Mouchette di Bresson e I quattrocento colpi di Truffaut, i tedeschi Aguirre furore di Dio di Herzog, Il cielo sopra Berlino di Wenders e il doppio Olympia della Riefenstahl, lo spagnolo (ma di produzione francese) Il fascino discreto della borghesia di Luis Buñuel. Detto che Robert De Niro è il più presente, con cinque film, i tre migliori attori sono considerati James Cagney per La furia umana, Cary Grant per Notorious e Marlon Brando per Fronte del porto. Le due attrici più brave sono invece risultate Barbara Stanwyck per La fiamma del peccato e Faye Dunaway per Chinatown.

Mah.

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