Roma - Per il nucleare, è pronto a dire addio al Pd e al seggio di Palazzo Madama. L’oncologo e senatore Umberto Veronesi lo ha chiarito ieri, dopo giorni di polemiche e di ultimatum da parte di esponenti del partito che lo ha voluto candidato alle ultime elezioni: «Nessun problema: sull’incompatibilità avevo deciso prima che il partito si esprimesse. Se accetto il ruolo lascio la carica di senatore». Se dunque si concretizzerà, da parte del governo, la proposta di nominare Veronesi alla presidenza della neonata Agenzia per la Sicurezza sul nucleare, lui si dimetterà da parlamentare, come gli è stato chiesto dal Pd. Ma qualcosa, al partito di Bersani, il professore la manda a dire,in un’intervista a Repubblica : «Io sono a favore del nucleare da sempre. Non da oggi, non da pochi mesi», e dunque chi lo ha candidato non può ora cadere dalle nuvole per la sua disponibilità. E poi «pensavo che la sinistra, storicamente impegnata nella protezione della salute, trovasse congeniale alla sua cultura il fatto dimettere come responsabile della sicurezza una persona che la rappresenta. Invece non è stato così ». Anzi, l’ala ecologista del partito è insorta, chiedendogli di avere il «buongusto» di andarsene se aveva intenzione di accettare l’incarico. Mentre da varie parti gli è arrivata l’accusa velata di «tradimento». Veronesi tiene a precisare che accettare l’incarico non equivale a vendersi al nemico, anche perché l’agenzia deve studiare la sicurezza del nucleare e non «decidere se e dove le centrali vanno costruite», dunque «la mia posizione nell’Agenzia non avrebbe niente a che vedere con la politica energetica del Paese: peccato che qualche collega del Pd non lo abbia voluto capire». Veronesi è comunque pronto alle dimissioni dal Senato. E questo nonostante non sia obbligato a farlo, visto che nella legge istitutiva dell’Agenzia è stata inserita una norma che sancisce uno stretto regime di incompatibilità con il mandatoparlamentare per tutti i componenti del Consiglio dell’Agenzia tranne uno: il presidente, appunto. Una «norma ad personam», ha denunciato il Pd. E un «tentativo di giocarci in casa» da parte della maggioranza, mettendo a capo dell’Agenzia un fiore all’occhiello rubato allo schieramento opposto. «Per Berlusconi - nota il parlamentare Ermete Realacci - sarebbe un gran coup de théâtre , quello che non gli è riuscito con la Marcegaglia o con Montezemolo, tanto più in un momento in cui la politica nucleare del governo è in impasse ». Dietro la scelta di Veronesi (di cui si parla addirittura come possibile Nobel per la medicina) ci sarebbero anche la spinta del Quirinale verso una scelta «bipartisan» e di garanzia, e il lavorio diplomatico di Gianni Letta. Anche se in una parte del Pdl c’è una fronda anti- Veronesi, che avanza il nome del senatore berlusconiano (nonchè ingegnere nucleare) Guido Possa. In casa Pd, dopo la polemica degli scorsi giorni, ci si è resi conto del passo falso.
Il segretario Bersani si è affrettato ad incontrare l’oncologo, e ieri il suo portavoce Stefano Di Traglia ha assicurato che Bersani «non ha mai posto la questione delle dimissioni», che c’è «massimo rispetto» per le scelte di Veronesi e che quella del Pd non è una «contrarietà ideologica al nucleare», semmai una valutazione di «scarsa credibilità dei piani del governo».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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