I DEPURAT(T)ORI

I divieti non ci sono più. La schifezza resta. Ieri mattina bastava farsi un giro al mare nel levante cittadino per imbattersi in una brodaglia, definibile come «mare» solo con un notevole sforzo di fantasia. Schiuma simile a quella del cappuccino, colorito giallognolo, varie ed eventuali a pelo d’acqua ad impreziosire il colpo d’occhio. E non veniva risparmiato nemmeno l’olfatto.
Eppure, per il Comune e la Regione è tutto ok, si può tornare in acqua. Complic\e l’abbassamento della temperatura, l’alga se ne sta andando e la task-force di casa nostra esulta più della sera di Italia-Francia. Senza rendersi conto che magari l’alga passa, ma la figuraccia resta. Così come resta il mare trasformato in una palude.
Ora, siamo tutti d’accordo che il Times - l’«autorevole Times» nell’endiadi obbligata di gente a corto di aggettivi, di fantasia e di senso della misura - ha scritto una sciocchezza parlando di centinaia di ricoverati per l’alga. Ma cerchiamo di non perdere il senso della realtà: la colpa dell’alga non è del Times. E il fatto che - per la seconda estate di fila - il mare davanti a Genova faccia schifo non trova i suoi colpevoli in riva al Tamigi.
Abbiamo letto commenti sdegnati su carta intestata della Regione Liguria e del Comune di Genova sul fatto che il giornalista del Times ha dato i numeri, ma siamo sicuri che sia proprio questo il punto principale? Siamo sicuri che non sia la storia di quello che indica il dito e dimentica la luna? A parte il fatto che lo stesso Comune di Genova - come abbiamo testimoniato sia giovedì che ieri - ha pasticciato con i numeri delle vittime dell’alga, dando cifre differenziate da un giorno all’altro, non è che prendersela con il Times serve solo a coprire la figuraccia internazionale delle acque genovesi?
In questi giorni, i responsabili del Comune hanno fatto a gara a scagionare i depuratori e a spiegare che la fioritura della famigerata alga dall’impronunciabile nome latino è una questione nazionale e sovranazionale. «Fenomeno mediterraneo», addirittura. Ma è possibile che un fenomeno mediterraneo si fermi da un lato a Corso Italia e dall’altro a Bogliasco? È possibile che i confini dell’alga siano così facilmente definibili e circoscritti? Ed è possibile che il depuratore di Quinto - che gli stessi tecnici comunali spiegano non essere il migliore dei depuratori possibili - non c’entri proprio nulla?
Mistero, anzi mistery, come direbbero i nostri amministratori, abituati a leggere «l’autorevole The Times». Se leggessero con più attenzione Il Giornale di Genova e della Liguria, forse, riuscirebbero a gestire meglio questa città a questa regione.


Perchè, al di là del pasticcio dei numeri e al di là della revoca del divieto, resta il gravissimo danno d’immagine creato a Genova e, indirettamente, a tutto il sistema turistico ligure, con la psicosi che ha raggiunto addirittura la riviera di Ponente.
Brutti tempi. Anzi, brutti Times.

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