da Milano
Rischiano tra i 7 e i 15 anni di prigione per aver usato pistole giocattolo sul set di un film. Loro sono due italiani, il produttore Francesco Papa e lorganizzatore degli effetti speciali, Silvano Scasseddu. E dal 6 luglio sono in balia della polizia e dei magistrati di Malindi. Laccusa è assurda: importazione illegale di armi da fuoco. Il contesto paradossale: la legislazione del Kenya equipara le pistole e i mitra di plastica a quelli veri. Lepilogo tuttaltro che scontato.
Papa e Scasseddu erano arrivati a Mombasa con la troupe per girare il film «The african game», un poliziesco ambientato in un parco keniota. Per una decina di giorni hanno potuto girare senza problemi, poi, improvvisamente, sono stati fermati. Ed è iniziato lincubo. Il regista Michele Massimo Tarantini e gli attori sono riusciti a lasciare il Paese. Loro no. E ora sono bloccati a Malindi, senza passaporto (confiscato dalle autorità), in attesa che un giudice decida il loro destino.
Papa e Scasseddu si sentono dimenticati non solo dallopinione pubblica italiana, ma anche dal nostro governo. Lo scrive in unaccorata e-mail inviata al Giornale, lo stesso Papa: «Abbiamo bisogno del sostegno della stampa perchè abbiamo capito che le istituzioni hanno preso sottogamba la situazione». E ancora: «Purtroppo tra ambasciata e Farnesina non cè quasi comunicazione, nè lambasciatore e nè il console ci hanno mai chiamato per sostenerci. Ci sentiamo abbandonati dalle istituzioni». Ma, da noi interpellata, la Farnesina respinge gli addebiti: «Il nostro ambasciatore a Nairobi ha intrapreso numerosi passi al più alto livello, contattando il ministero degli Esteri kenyota e verificando con le autorità locali che non vengano commessi abusi nei confronti dei nostri connazionali - dichiara lufficio stampa del ministero -. Stiamo facendo il possibile per risolvere questo caso».
Di certo Papa non ha mai pensato di violare intenzionalmente le norme del Kenya: le armi di plastica sono state regolarmente spedite via cargo dallItalia, ma, scrive, «incautamente la dogana non ci ha avvertito della legge sul traffico darmi». E quando sul set i poliziotti hanno fatto notare che anche i revolver finti avevano bisogno di un permesso loro non hanno protestato. Sempre collaborativi e disponibili; ma questo non è bastato. Dopo il primo arresto, risolto grazie allintervento di Marco Vancini (proprietario alberghiero e coproduttore del film), del console Roberto Macrì e del loro avvocato Ole Kini, l11 luglio laccusa viene fatta cadere e i passaporti restituiti. Sembra tutto finito, ma è unillusione. Il 18 luglio vengono riarrestati e subito processati. I due rifiutano i consigli di chi li invitava a dichiararsi colpevoli per chiudere il caso con una lieve condanna pecuniaria. A quel punto il giudice fissa ludienza successiva il 17 settembre e commina una cauzione da 6mila euro a testa da pagare «non in denaro ma con libretti di circolazione».
Papa e Scasseddu trascorrono qualche ora in cella, in condizioni igieniche inimmaginabili, poi finalmente la cauzione viene versata. Lo scorso primo agosto nuova udienza in tribunale, ma solo perchè il magistato voleva verificare che non fossero scappati. Ai due italiani ora non resta che attendere.
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